Cronache

Un anno tossico, come le parole

Un anno tossico, come le parole

Questa volta la parola dell'anno per l'Oxford Dictionary è toxic, cioè tossico, perché sembra che nel linguaggio parlato sia tutto tossico, dalle femministe del #metoo che hanno definito la mascolinità tossica, così come è tossica la politica, i mutui, i rapporti, per non parlare del cibo che mangiamo, infatti spopolano in rete i venditori di diete detox. D'altra parte non mi pare una grande novità, quante volte anche in passato abbiamo sentito qualcuno usare metafore tossiche, io sono cresciuto con mia mamma che, quando facevo i capricci, mi diceva di non intossicarla, Celentano denunciava la tossicità dello smog, e al cinema davano Amore tossico di Claudio Caligari, abbiamo precorso i tempi. E però queste parole dell'anno fanno riflettere, almeno se uno se la va a vedere in sequenza, così, per passatempo sociologico. Per esempio nel 2017 la parola dell'anno era youthquake, a un italiano non è che dica granché, ma il concetto sì, è il terremoto culturale determinato dall'influenza dei giovani. Invece l'anno prima era l'anno della post-verità, delle false verità, le quali dobbiamo ritenere, se vogliamo, che abbiano portato i giovani a avere più influenza, un'influenza tossica. Ma prima delle post-verità, nel 2015, c'era emoji, ve lo ricordate? Gli emoticon che usiamo quotidianamente nelle chat e sui social, sembrano passati secoli da quando il vocabolo era sulla bocca di tutti, invece sono passati solo tre anni, in compenso ci hanno semplificato la vita, quando non sai cosa rispondere a qualcuno mandi una faccetta col cuoricino e finita lì. Mentre l'anno precedente c'era vapo, in quanto tutti «svapavano» con le sigarette elettroniche, sembrava quasi che svapare fosse una questione di Stato (in realtà da noi lo diventò subito, lo Stato fece la guerra alle sigarette elettroniche, esenti dal monopolio) che seguiva l'anno del selfie, perché tutti si facevano autoscatti da postare su internet (e mica abbiamo smesso, anzi). In compenso questo vale per gli anglosassoni, i quali di anno in anno eleggono una parola diversa che li rappresenta, non certo per gli italiani, noi le accumuliamo tutte, a pensarci bene rappresentiamo la sintesi occidentale. Con nuovi politici che si fanno selfie tutti i giorni, sono giovani, usano le emoticon nei tweet istituzionali, e alcuni pensano che perfino i vaccini siano tossici. Per questo lo abbiamo chiamato governo del cambiamento, la nostra parola dell'anno.

Come cantava Mina: parole, parole, parole.

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