Cultura e Spettacoli

"Sono il più vagabondo degli artisti"

Il cantante Cocciante riporta a Londra dopo vent'anni la versione originale di "Notre Dame"

"Sono il più vagabondo degli artisti"

da Londra

Riccardo Cocciante aveva solo undici anni quando è dovuto scappare da Saigon, durante la guerra del Vietnam. Il padre italiano e la madre francese lo hanno portato via dalla terra che lo ha visto nascere e dove aveva accumulato i suoi ricordi più belli di bambino, immagini e sensazioni che ancora oggi custodisce gelosamente nella sua memoria. L'infanzia è finita bruscamente e la gioventù l'ha iniziata in Italia a Rocca di Mezzo (L'Aquila), paese del padre. A Roma ha poi continuato a studiare in francese e quando la sua carriera musicale è decollata non si è più fermato. Cosmopolita nell'anima e nella musica, in grado in incidere oltre quaranta album in tre lingue, italiano, inglese e spagnolo, Cocciante fugge gli schemi, le definizioni e le etichette. Noi lo chiamiamo Riccardo ma in Francia, per esempio, è Richard ed è così che compare sulla locandina che promuove il ritorno sulle scene della versione originale di Notre Dame De Paris, a vent'anni dal suo debutto. Forse è proprio per tutte queste ragioni che temi come l'immigrazione e il pregiudizio gli stanno tanto a cuore. Così tanto da averli affrontati in un'opera da record, che ha debuttato a Parigi nel 1998 e che oggi si prepara a tornare in scena a gennaio al London Coliseum nella sua lingua iniziale, il francese, coi testi di Luc Plamondon, le musiche di Cocciante e un altro italiano sul palco, Angelo Del Vecchio, nei panni di Quasimodo.

Ventitré paesi, nove lingue e vent'anni in giro per il mondo: come si sente oggi?

«Questo successo è stato inaspettato ma ci dà speranza il fatto che un'opera non in inglese ma in francese, abbia avuto la possibilità di girare tutto il mondo in diverse lingue e diventare una delle più importanti. La sensazione è wow, che bello!».

Qual è il segreto secondo lei?

«Aver scritto l'opera prima di inserirla in un contesto commerciale. C'era una voglia profonda di scriverla e quindi c'è stata anche una grande sincerità da parte nostra, come autori (lui e Luc Plamondon, ndr). Non ci siamo mai detti bisognerebbe mettere questo perché funziona e così siamo riusciti a rinnovare un genere».

Il pregiudizio verso il diverso, raccontato nell'Ottocento da Victor Hugo, è vivo ancora oggi.

«Sembra non finire mai. C'era nell'epoca della storia narrata, in quella di Victor Hugo e quando abbiamo scritto noi l'opera nel 1998 (il riferimento è alle tensioni legate ai Sans Papier in Francia, ndr) e sta aumentando. Tutta l'umanità è caratterizzata da fenomeni migratori e questa mescolanza che ci sembra negativa è in realtà una cosa molto positiva. In Italia abbiamo sempre avuto questa difficoltà di vivere insieme, un siciliano con uno del Nord... ma alla fine abbiamo creato un Paese diverso, con molta fantasia».

Nato in Vietnam, cresciuto in Italia ma un po' francese, cantautore anche in spagnolo. I confini le stanno stretti?

«A volte ci chiudiamo in noi stessi ed essere cresciuto in diversi Paesi mi ha dato la possibilità di non farlo: parlo il francese come l'italiano, ho cantato in spagnolo in Sudamerica e in Spagna. Amo tutta la musica del mondo, la bellezza è questa: conoscere quello che gli altri fanno per mescolarlo con il tuo modo di lavorare. Sono il più italiano dei francesi e il più francese degli italiani».

Ha vinto Sanremo, è nel Guinness dei Record per Notre Dame e ha vinto pure in tv, con The Voice. Cosa l'ha guidata nella sua carriera?

«Non ho mai programmato nulla. All'inizio ero un po' un ribelle nella maniera di presentarmi, di cantare, di fare interviste. Oggi sono cambiato in quello, ma non ho mai amato essere inserito in un filone. Mi sono volutamente tenuto un po' a parte rispetto agli altri».

È mai più tornato in Vietnam?

«No, mai. La prima ragione è che non potevamo, siamo stati cacciati dal Paese, c'era la guerra... La seconda è che non volevo distruggere i miei ricordi di infanzia. Adesso però ci penso».

Sanremo 2019: la vedremo sul palco?

«Quando ho vinto ho infastidito tutti dicendo non lo farò mai più come concorrente. Non mi ripeto mai, così come con The Voice. Voglio andare oltre.

Essere un sanremese tutta la vita? Non sono io».

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