Cultura e Spettacoli

Politica, intrighi, lussuria. E Mussolini si diede al feuilletton

Domani con "il Giornale" l'unico romanzo scritto da Mussolini

Politica, intrighi, lussuria. E Mussolini si diede al feuilletton

Era il 1910 quando il giovanissimo Mussolini, rientrato a Forlì dopo essere stato dapprima incarcerato a Rovereto e poi espulso dal Trentino, scrisse, alla maniera di Alexandre Dumas, un romanzo d'appendice dal titolo L'amante del cardinale che ebbe, ai suoi tempi, un discreto successo (e ora arriva in edicola, allegato al Giornale). Quando, negli anni successivi, al culmine del suo potere, gli veniva ricordata da qualche interlocutore quella sua fatica giovanile, egli tendeva a minimizzarla.

A Emil Ludwig, per esempio, che ebbe con lui diverse conversazioni fra il 1929 e il 1932, poi raccolte nei celebri Colloqui con Mussolini (ora ristampati da Castelvecchi), e che gli aveva chiesto se gli piacessero ancora i libri scritti in gioventù, rispose con una battuta lapidaria: «La storia del cardinale è un orribile libraccio... l'ho scritta con intenzioni politiche, per un giornale. Allora il clero era veramente inquinato da elementi corrotti. È un libro di propaganda politica». Era una risposta che celava un certo infastidito imbarazzo perché Mussolini aveva allora, subito dopo la firma dei Patti Lateranensi, raggiunto il culmine del consenso come pacificatore dei rapporti fra Stato e Chiesa e il ricordo di quel lavoretto giovanile dovette dargli fastidio. Qualche tempo dopo gli incontri con Ludwig, conversando con il suo biografo ufficioso, Yvon De Begnac, il Duce era stato più sincero: «Su Claudia Particella si è fatto molto romanzo. La realtà è semplice. Battisti voleva aiutarmi. Claudia era il mio solo provento nella stagione successiva alla mia cacciata da Trento. Ero io a farne dunque le puntate, a moltiplicarne i capitoli. Il lavoro mi appassionava come narratore di una storia popolare. Tutto qui». E aveva aggiunto che Cesare Battisti era «un uomo semplice» che «non aveva nemici» ed era «la dolcezza in persona».

Parole, queste, che testimoniano di un rapporto particolare - fatto oltre che di consonanze politiche di affettuosa e sincera amicizia - fra Battisti e Mussolini. I due si erano conosciuti di persona solo nel 1909 ma da tempo erano in corrispondenza.

La verità sulla nascita del romanzo L'amante del cardinale sta proprio qui, nella profonda amicizia fra l'irredentista trentino e l'agitatore socialista. Dopo la sua espulsione dal Trentino, Mussolini si era trovato in difficoltà economiche, tanto più che si era appena accasato con Rachele, e Battisti gli era venuto in aiuto, aprendogli le pagine del suo giornale Il Popolo per la pubblicazione di un romanzo a puntate.

A Forlì Mussolini cominciò la stesura del romanzo e ne inviò la prima parte a Battisti che ne fu entusiasta e cominciò a pubblicarla a partire dal 20 gennaio 1910. Il successo fu talmente clamoroso che, due giorni dopo, il giornale si trovò costretto a dedicare al testo mussoliniano un'intera pagina e a ristampare le prime due puntate. Il romanzo apparve in cinquantasette puntate consecutive fino all'11 maggio 1910 e per ognuna delle quali Mussolini ricevette un compenso di quindici lire. Non era poco se si tiene conto del fatto che, a detta sua e di Rachele, ogni puntata lo impegnava per poco più di un quarto d'ora. Il termometro del successo lo si trova nelle lettere che Battisti inviava all'amico per sollecitargli l'invio di nuove puntate: «L'appendice è letta con molta avidità. I compensi finanziari sono scarsi, ma rischi di avere un monumento in piazza Duomo. Ti par poco?».

L'amante del cardinale - o meglio Claudia Particella. L'amante del cardinale - aveva come sottotitolo «Grande romanzo storico dell'epoca del Cardinale Carlo Emanuele Madruzzo» e prendeva spunto da una torbida vicenda di amore e di sangue del XVII secolo ambientata nel principato vescovile di Trento. Nella pubblicità editoriale per il lancio si annunciava che il romanzo avrebbe trasportato il lettore «in mezzo alla corruzione dilagante nella corte principesca» e avrebbe documentato «una serie di intrighi, di tradimenti, di passioni agitantisi attorno alla lussuriosa e volpina figura del cardinale Madruzzo». La storia riprendeva un episodio realmente accaduto sul quale erano stati scritti numerosi lavori soprattutto nell'800: la travolgente e scandalosa passione nutrita dal principe vescovo di Trento Carlo Emanuele Madruzzo per una bella nobildonna, Claudia Particella, figlia di un suo consigliere. Una vicenda che, nella realtà storica, vide il cardinale scontrarsi con il pontefice Alessandro VII che si rifiutava di concedere una dispensa papale per consentire il matrimonio. Scritto secondo le tecniche narrative del feuilleton di origine francese, con un susseguirsi di colpi di scena per garantire un continuo stato di tensione e con un linguaggio agile e pulito e fondato prevalentemente sul dialogo, il romanzo del non ancora trentenne Mussolini rispondeva pienamente ai canoni della letteratura popolare dell'epoca. Una volta giunto al potere, Mussolini non pensò più, se non con qualche imbarazzo, al quel suo lavoretto iniziale, cercando di relegarlo a un peccato di gioventù: lo considerava, soprattutto per la sua carica anticlericale, poco compatibile con il suo nuovo ruolo di Duce. Durante il periodo fascista non fu mai pubblicato in Italia anche se, invero, ne furono fatte traduzioni in più lingue: inglese, polacco, spagnolo, tedesco, bulgaro. Forse, sotto sotto, Mussolini a quel suo peccato di gioventù, malgrado quel che ne dicesse, era affezionato.

Tant'è che, quando un produttore americano, in pieno regime, gli propose di cavarne un film che in realtà non venne realizzato, egli non seppe dire di no, ma pose come condizione che i proventi andassero ai figli di Cesare Battisti.

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