Politica

Il danno gialloverde è fatto: crolla la fiducia degli italiani

I dati Istat certificano il pessimismo di consumatori e imprese. L'effetto boomerang: si spenderà di meno

Il danno gialloverde è fatto: crolla la fiducia degli italiani

Famiglie e imprese stanno scivolando nel girone degli sfiduciati. Sei mesi di governo contrappuntati dalle scazzottate dialettiche con Bruxelles, dai contrasti interni alla maggioranza, dalla risalita dello spread e dalle picchiate della Borsa, hanno prodotto il risultato di cambiare in peggio l'umore degli italiani. Quello del mondo produttivo è già tendente al nero; quello dei consumatori volge al grigio. Più che compulsare i sondaggi, Lega e M5s dovrebbero quindi perdere qualche minuto per dare un occhio a un altro barometro dell'elettorato: l'indice Istat sulla fiducia. I dati di novembre non sono particolarmente rassicuranti: l'indice per i consumatori è passato da 116,5 a 114,8, e quello per le imprese è diminuito per il quinto mese consecutivo, passando da 102,5 a 101,1. Oltre ai numeri, colpiscono un paio di elementi inquietanti. Il primo: la flessione della fiducia dei privati è stata provocata «soprattutto dal deterioramento sia dei giudizi sia delle aspettative sulla situazione economica dell'Italia», spiega l'Istituto di statistica. Come dire: in futuro le cose non miglioreranno. Il secondo: con la sola eccezione del commercio, il pessimismo è cresciuto in tutti i settori produttivi, dal manifatturiero alle costruzioni, fino ai servizi.

Queste indicazioni non sono prive di conseguenze. Una perdita di confiance, come la chiamano gli inglesi, si traduce spesso in una minor capacità - e voglia - di azione. Che per le aziende significa meno investimenti, meno progetti di crescita e un più basso - o nullo - numero di assunzioni; mentre per le famiglie si concretizza nella famosa strategia della cinghia tirata: spese ridotte e più risparmi (quando possibile), per non farsi trovare privi di difese se la situazione dovesse peggiorare. È l'atteggiamento di chi si rifugia in trincea per limitare i danni, anche se con questo atteggiamento difensivo il rischio è quello di deprimere l'economia.

I recenti rovesci dei mercati sono del resto stati determinati da una progressiva perdita di fiducia verso l'Italia, che a Piazza Affari si è tradotta in un calo negli ultimi sei mesi del 14,50% (-0,43% ieri), in un surriscaldamento dello spread dai poco più di 200 punti di giugno fino ai 294 di ieri e dal risalire dei rendimenti sui titoli pubblici. Fino alla quasi diserzione di massa, la scorsa settimana, in occasione dell'asta del Btp Italia.

Certo i livelli attuali del clima di fiducia non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelli visti nell'aprile del 2013, ultimo mese del governo Monti, quando l'indicatore delle imprese era inchiodato a 77,4, un livello drammaticamente vicino al 74,1 dell'aprile 2009, con l'Italia finita nelle spire della Grande crisi. Dopo la cura a base di austerity, costata una perdita di quasi quattro del Pil, un debito pubblico balzato al 127% e una disoccupazione di 1,5 punti in più rispetto alla media Ue, gli imprenditori impiegarono due anni - con il Paese uscito dalla recessione - prima di riportare il livello di fiducia sopra la linea di galleggiamento di quota 100.

La storia insegna dunque come sia facile perdere l'ottimismo, e quanto sia difficile poi recuperarlo. Non più tardi di lunedì, il presidente della Bce Mario Draghi ha infatti incluso proprio la mancanza di fiducia, al pari delle tensioni finanziarie e commerciali, tra gli elementi in grado di creare un contagio nei Paesi più vulnerabili. Come sempre, la fiducia resta una cosa seria.

Da maneggiare con cautela.

Commenti