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"Mia figlia uccisa da un video, ragazzi, valete più di un like"

Paolo Picchio lotta contro il bullismo in ricordo di Carolina, che si è tolta la vita a 14 anni

"Mia figlia uccisa da un video, ragazzi, valete più di un like"

Paolo Picchio, 69 anni, non sapeva nemmeno cosa fosse un like ma ora si trova a spiegare nelle aule magne delle scuole che non varrà mai quanto un abbraccio.

Sua figlia Carolina si è tolta la vita nel 2013, a 14 anni. On line era circolato un video in cui un gruppo di ragazzi simulava atti sessuali su di lei, mentre era priva di conoscenza per aver bevuto troppo. E la vergogna è stata tanta che il suicidio le è sembrata l'unica via per uscire da quell'incubo.

Prima della morte di Carolina aveva sentito parlare di cyberbullismo?

«Poco. So solo che se non ci fossero stati i social network, a quest'ora avrei ancora Carolina qui con me. Quel maledetto video ha avuto 2.600 like, lei ha cominciato a ricevere insulti da migliaia di persone sconosciute. Capito? Migliaia. Si è dovuta far carico di insulti di gente che nemmeno la conosceva. La sua intimità è stata perforata».

Eppure Carolina non era la tipica ragazza vittima.

«Era forte, aperta e sportiva. Faceva spallucce a chi le diceva qualcosa per strada, reagiva, faccia a faccia. Ma vedersi attrice inconsapevole di quel video l'ha sconvolta. Lei non sapeva nulla di quanto accaduto quella sera, era incosciente».

Lei si era accorto di qualcosa?

«La sera del video, di cui ovviamente ho saputo dopo, ero andato a prenderla io e le avevo anche dato due schiaffoni per farla riprendere. Sapevo che navigava sui social ma pensavo fosse solo una cosa positiva, così poteva sentire i suoi amici che abitano lontano. Mai e poi mai avrei pensato a un massacro del genere».

E poi quel biglietto lasciato da Carolina.

«C'era scritto: Spero che adesso siate più sensibili sulle parole che usate. Ciò che è accaduto a me non deve più succedere a nessuno. Grazie al suo messaggio ho deciso di aprire una fondazione e di cominciare a dare la sveglia a ragazzi e genitori».

I ragazzi la ascoltano?

«Sì, la mia è una storia vera, non virtuale. Hanno bisogno di sentire cose vere. E cercano interlocutori che non sanno dove trovare. Ne hanno bisogno sul serio. Non è possibile che le 13enni pubblichino foto osé sui social senza capire cosa stiano facendo. O che ragazzini di 11 anni abbiano i telefonini pieni di immagini di You Porn».

Quale messaggio ripete sempre ai giovani?

«Dico a tutti: Tu esisti perché sei tu, perché sei come ti vedi nello specchio, non perché hai i like su Facebook e Instagram. Quindi sveglia, forza!».

A scuola tornerà l'ora di educazione civica. Secondo lei può servire?

«Eccome. Vanno insegnati i valori, i motivi per cui darsi da fare. I ragazzi devono avere qualcosa in cui credere, devono imparare il rispetto e la convivenza. Il mondo oggi è troppo egoista ed edonista».

La legge contro il cyberbullismo è dedicata proprio a sua figlia.

«Ha voluto così la presidente della Camera Laura Boldrini. Grazie a questa legge ora è chiaro cosa sia il reato di cyberbullismo e si può lavorare meglio sulla prevenzione».

È vero che Papa Francesco ha benedetto la fotografia di Carolina?

«Sì e ha voluto che partecipassimo all'Osservatorio internazionale sul cyberbullismo.

Stiamo lavorando assieme alla fondazione pontificia Scholas Occurrentes per tracciare una mappatura mondiale del fenomeno».

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