Cultura e Spettacoli

I "Goals" più belli di Vialli nel suo libro da lottatore

L'ex attaccante narra 98 storie di eroi sportivi E la sua personale battaglia contro il cancro

I "Goals" più belli di Vialli nel suo libro da lottatore

Chiedo subito scusa. Del libro di Gianluca Vialli scriverò in prima persona. Io sono tifoso della Cremonese e Vialli è stato il primo campione di cui mi sono innamorato. All'epoca era molto giovane, molto esile, molto veloce, molto intelligente, molto coraggioso. Quando ho saputo che aveva un tumore, la notizia mi ha davvero gettato nello sconforto. È come si fosse ammalata anche una parte di me, l'adolescenza più spensierata. Ci penso tutti i giorni. Non scherzo. Però quando ho letto Goals (Mondadori) mi sono sentito meglio, perché Vialli è riuscito a infondere coraggio e speranza nella rinascita anche raccontando una vicenda drammatica: la sua lotta contro il cancro al pancreas.

Fin da giovanissimo, Vialli era un tale campione che si capiva non si sarebbe fermato a lungo a Cremona. In attesa di una chiamata importante, per quattro anni, tra il 1980 e il 1984, ha dispensato gol e serpentine magiche, riportando finalmente la Cremonese in serie A. In panchina c'era Emiliano Mondonico. Gianluca andava per i vent'anni. Io ne ho sette di meno ma frequentavo già lo Stadio Zini con mio padre o mio fratello.

Vialli è nato a Cremona il 9 luglio 1964. È l'ultimo di cinque fratelli (gli altri sono Mila, Nino, Marco, Maffo). La famiglia, di origine trentina, è molto benestante e possiede una azienda che produce prefabbricati. Gianluca ha tirato i primi calci nel cortile di casa, in città d'inverno e in campagna d'estate, a Grumello, dove si rifugia ancora oggi quando torna a Cremona e dove ha trascorso la convalescenza dopo l'operazione, cullato dalla sorella. Come tutti i cremonesi, ha giocato partite di ore all'oratorio di Cristo Re, nella zona di Viale Po, la strada che conduce appunto al fiume. Vialli abitava in una via interna di quel quartiere un po' bizzarro. Era residenziale, con ville bellissime, ma l'oratorio di Cristo Re, all'epoca, aveva una cattiva fama. Entra nelle giovanili del Pizzighettone, serbatoio della Cremonese che lo chiama subito. Lascia il Beltrami, scuola per geometri, per dedicarsi interamente allo sport. Guido Vincenzi è l'allenatore che lo fa esordire nel calcio professionistico. La maturazione definitiva giunge quando in panchina arriva Emiliano Mondonico, gloria grigiorossa.

Quando giocava nella Cremonese, Vialli ogni tanto lo vedevi dalle parti del Rio Bar, vicino a Piazza del Duomo. I tramezzini e la sala biliardo, dove si giocava a soldi, erano le principali attrazioni del locale. Era considerato il bar «di destra» della città. Vialli arrivava in Vespa. Spesso c'era anche la sua «storica» fidanzata, una ragazza bellissima, che si chiama Giovanna. Sono stati insieme 13 anni. Ma Vialli ha sposato Cathryn White-Cooper, conosciuta a Londra, quando militava nel Chelsea. Si sono sposati nel 2003 e ora hanno due figlie. Tra le leggende metropolitane, a Cremona si favoleggiava che tutti i fratelli di Vialli fossero stati in realtà molto più forti di lui. Si raccontavano imprese sovrumane dei suoi fratelli nelle categorie inferiori, che anche Gianluca conosceva bene, avendo militato, come si diceva, nel Pizzighettone. Comunque gli esperti del Ristorante Centrale e della Trattoria Cerri avevano sentenziato: il vero Vialli non era Gianluca ma uno a caso dei suoi fratelli, che nessuno, però, aveva mai visto giocare.

Vialli ha fatto sognare i tifosi grigiorossi anche negli anni successivi, quelli nella Sampdoria. Con Roberto Mancini formava una coppia da urlo. Vialli ha giocato con tanti numeri dieci importanti, da Roberto Baggio ad Alessandro Del Piero, ma solo con Mancini aveva un'intesa sublime. Quando i «gemelli del gol» hanno perso la Coppa dei Campioni al minuto 112 con il Barcellona di «Rambo» Koeman mi sono quasi messo a piangere dalla rabbia. Era il 1992. In panchina c'era Vujadin Boskov che non riusciva a pronunciare «Vialli» e quindi lo chiamava «Vaialli». La Sampdoria di Paolo Mantovani era gemellata con la Cremonese di Domenico Luzzara. Quando Vialli andò a Genova, Mantovani ci diede in cambio un talento puro con la fama di essere mezzo matto: era Alviero Chiorri, un artista che insegnerà calcio in tutti gli stadi d'Italia (chiedere a Diego Armando Maradona per referenze) e diventerà il calciatore in assoluto più amato nella storia del club.

Sul periodo juventino ci sarebbe troppo da dire. Per fortuna tutto è già stato raccontato. Successi, tonfi, processi, le accuse di Zeman. A un certo punto Vialli si trovò a fare il centrocampista perché il suo fisico ora massiccio gli aveva fatto perdere in agilità quello che aveva acquistato in potenza. Ma presto tornò a essere un centravanti da doppia cifra e un eccellente uomo-assist. Vinse tutto quello che c'era da vincere. Era un leader naturale. I suoi gol che ricordo meglio? Quelli che rifilò alla Cremonese nel 1994-1995. Rovesciata clamorosa all'andata. Rovesciata clamorosa al ritorno. Io c'ero in entrambe le occasioni. L'esultanza eccessiva a Torino forse gli costò l'amore incondizionato della curva grigiorossa. In quegli anni Vialli torna a Cremona anche per «vincere» il diploma da geometra. Nel 1993 si presenta da privatista nella sua vecchia scuola e passa l'esame di maturità con onore.

Quando si trasferì al Chelsea ricominciai a seguirne le gesta. Ero curioso di vedere cosa avrebbe combinato all'estero. Sfondò anche in Inghilterra, sia come giocatore sia come allenatore. Con la nazionale è stato invece sfortunato. Dopo aver disputato un promettente Europeo nel 1988, non riuscì a ripetersi a Italia 90. Esplose Totò Schillaci, che diventò un eroe. È questa l'unica cosa che manca a Vialli: la consacrazione in maglia azzurra.

Ma torniamo al libro. Vialli, anche in questa drammatica occasione, è esemplare. Ha reagito al cancro con umiltà e lottato con grinta come era solito fare in campo. Per evitare la compassione altrui, ha portato un maglione sotto la camicia, al fine di nascondere la magrezza. Le ultime pagine del suo libro, Goals, raccontano proprio la storia della malattia, messa in relazione con i 98 ritratti di grandi sportivi che la precedono. Non solo calciatori ma anche ciclisti e sprinter, giocatori di hockey e rugby che hanno una cosa in comune: messi di fronte a una avversità, non si sono arresi ma hanno perseverato, ottenendo una vittoria o una vittoria morale. Ogni ritratto è preceduto dalle citazioni di uomini famosi e meno famosi che hanno colpito Vialli. Ma niente ha la forza di una storia raccontata con sincerità dal suo protagonista. Per questo il capitolo finale è un grande goal (in rovesciata) e sarà d'aiuto non solo a chi è malato ma anche a chi sente di dover ricominciare, anche per un motivo meno drammatico.

Forza Gianluca.

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