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Gilet gialli di moda pure da noi

Gilet gialli di moda pure da noi

Il movimento dei gilet gialli non c'è solo in Francia, sta germogliando e prendendo forma ed evidenza anche in Italia. I suoi inizi sono nel raduno dei trentamila Si Tav a Torino in Piazza Castello e nella riunione alla ex officina grandi riparazioni di Torino di 12 associazioni di artigiani, commercianti, piccole imprese, alcune delle quali cooperative, insieme a Confindustria, per protestare con «la pazienza quasi al limite», per il blocco alla Tav e alle altre grandi opere, ma non solo. Con la sospensiva alla Tav Torino-Lione e al Terzo valico, in attesa di una analisi costi benefici del Ministro Toninelli, perché alle sue teste d'uovo, al quale non bastano l'analisi dell'Unione Europea, che ci ha messo il 40 per cento del finanziamento e della Francia, che ci mette il 60 per cento della somma restante, ossia il 36 per cento, ora stanno andando a rotoli piccole imprese edilizie che non possono attendere. E la Tav serve come il pane a chi viaggiando in II classe va all'estero per il lavoro della propria impresa o come autonomo e non si può concedere molte pause, perché il tempo è «denaro», né si può permettere la prima classe dell'aereo di linea. Una delle proteste collaterali, dei piccoli imprenditori, che sta emergendo è quella contro il decreto dignità, che rendendo costosi e impossibili i rinnovi dei contratti a termine, soprattutto danneggia i piccoli operatori. I quali, a differenza delle imprese maggiori, non possono far ruotare i posti dei contratti a termine fra una pluralità di lavoratori. La protesta sta circolando anche nei documenti dei sindacati, in particolare di quelli «liberi». Ed ora una protesta in cui la somiglianza con quella dei gilet gialli francesi è «palmare». Essa riguarda l'aumento del carico fiscale sulle nuove auto diesel che i Cinque stelle hanno inserito nella legge di bilancio alla Camera, che colpisce in particolare la Panda e altri modelli del gruppo Fiat, specializzato in motori ad alto rendimento. Anche per questa tassa, come per il rincaro francese delle imposte sui carburanti sono danneggiati soprattutto gli abitanti dei luoghi dove non c'è il metrò, che vanno a lavorare con l'utilitaria. In Francia, sono quelli che vivono nei piccoli centri e nelle aree rurali, perché a Parigi e nella altre grandi città c'è il metrò che le unisce anche ai dintorni. Da noi la protesta coinvolge anche i comuni attorno alle grandi città perché i nostri metrò non coinvolgono la città regione o neppure tutta la città come Torino, Napoli, Genova e peggio di tutti Roma. Il gilet giallo lo hanno indossato anche altri francesi della maggioranza silenziosa contrari alla politica di Macron. Da noi vi si uniranno gli scontenti del ceto medio, come i manager con le pensioni tagliate e le loro vedove; e vi s'è unita la Confindustria spaventata degli effetti delle politiche assistenzialistiche sul bilancio pubblico e bisognosa delle grandi opere.

Con una differenza, i nostri gilet gialli non vociano, rispettano la polizia e non spaccano le vetrine dei negozi, ma le custodiscono, perché i violenti stanno altrove.

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