Politica

Parigi trema per i gilet gialli I moderati: «Restate a casa»

L'ala aperta al dialogo: «È una trappola». Ma gli altri: «Macron ci ascolti, se non vuole morti sulla coscienza»

Francesco De Remigis

Parigi «Non c'è fraternité quando tolleriamo o peggio incoraggiamo la distruzione di beni pubblici, i saccheggi di quelli privati, l'aggressione contro le forze dell'ordine, l'offesa ai simboli della Repubblica come la fiamma del milite ignoto. La fraternité sabato si è persa e bisogna urgentemente ritrovarla». L'appello alla calma lanciato dalle colonne del quotidiano Le Parisien da 175 firmatari vede intellettuali e filosofi mobilitarsi alla vigilia del quarto fine settimana di protesta in tutta la Francia, che a Parigi si preannuncia tesissimo. Tra loro Bernard Henry Lévy e comuni cittadini. I cosiddetti gilet gialli moderati propagano lo stesso messaggio via Facebook, invitando a non manifestare nella capitale o almeno a riunirsi nelle strade periferiche: «È una trappola, non andate sugli Champs-Elysées». Dall'altra parte della barricata - in attesa di capire quanti saranno i casseur - c'è chi punta a far esplodere tutto. «Un mostro sfuggito ai genitori», secondo il ministro dell'Interno Cristophe Castaner che non è riuscito a stimare i possibili «infiltrati» in arrivo anche da Germania e altri Paesi Ue.

Promette «massima fermezza», Castaner. Ma tengono il punto i gilet gialli più agguerriti, come il camionista Eric Drouet, ispiratore delle proteste e autore dell'evento Facebook che ha dato il via all'inarrestabile marea gialla il 17 novembre. A lui sono attribuite le responsabilità per il clima da colpo di Stato di cui ha parlato il governo alla vigilia dell'Atto IV dei gilet, accusato di «istigazione a delinquere e organizzazione illecita di manifestazione» dalla procura di Parigi per aver detto «puntiamo all'Eliseo». Il suo gruppo «La France en colére!!!» ha perso seguaci nelle ultime ore ma resta il motore della protesta con 237 mila membri. I sondaggi vedono ancora 7 francesi su 10 sostenere i gilet. Secondo Castaner, tutto lascia pensare al peggio: «C'è una chiamata alle armi, a sfasciare tutto». Una maionese impazzita in balìa della sua natura diffusa ed eterogenea, permeabile alle violenze. Alcuni gilet gialli hanno accettato di smorzare i toni per non farsi «strumentalizzare»; altri, ancora molto numerosi, invocano Macron come bersaglio. «Il presidente ascolti la rabbia, non abbiamo nessuna voglia di avere morti sulla coscienza, forse li vuole il presidente...», dice pure il «moderato» Benjamin Cauchy.

Sulla carta, i gilet puntano a evitare il centro storico e i quartieri bene della capitale, dandosi appuntamento a Port Maillot «per portare le rivendicazioni sulle strade di periferia dove non c'è niente da rompere o distruggere, ma dove potremo gridare la nostra rabbia». L'evento ufficiale conta 7mila persone interessate; un altro assembramento è previsto nel quartiere latino, altri non sono geolocalizzati e corrono sui social e nelle chat private con oltre 14mila persone in sostegno alla linea intransigente.

A meno di tre settimane dal Natale, Parigi è in preda a «tristezza infinita», ammette la sindaca Anne Hidalgo, che ha attivato l'unità di crisi e fatto rimuovere griglie e transenne per paura che possano essere brandite. Tutto chiuso dalla Tour Eiffel a Bastille per precauzione.

Il premier Edouard Philippe ribadisce l'appello alla calma, ascoltato dall'ala moderata dei gilet gialli liberi ricevuti in serata; ridotti a sei portavoce minacciati per essersi piegati a trattare. Fonti dell'Eliseo hanno accennato nuovamente al pericolo golpe, parlando di gruppi pronti a invadere l'Eliseo nonostante le smentite dell'ala dura (Drouet).

Deviata anche la marcia per il clima con una ventina di stazioni metropolitane inaccessibili.

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