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Bari, scontri con i centri sociali. Il gip ordina: "Chiudete sede Casapound"

Dopo gli scontri con i centri sociali dello scorso 21 settembre nel quartiere Libertà, a Bari, il gip della procura barese ha chiesto la chusura della sede locale di Casapound, di cui 30 esponenti sono indagati per lesioni e apologia del fascismo

Bari, scontri con i centri sociali. Il gip ordina: "Chiudete sede Casapound"

Il gip della procura di Bari ha disposto la chiusura della sede locale di Casapound e indagato complessivamente 35 persone per gli scontri tra Casapound e centri sociali avvenuti a Bari, nel quartiere Libertà, lo scorso 21 settembre. In quell'occasione gli antagonisti avevano organizzato una manifestazione antirazzista intitolata "Mai con Salvini", che vedeva anche la partecipazione di due esponenti di Liberi e Uguali, poi finiti in ospedale. Dei 35 indagati solo cinque sono dei centri sociali; gli altri 30 sono tutti di Casapound, e tra i reati contestati ci sono l'apologia del fascismo e l'aggressione, con lesioni, ai danni di almeno quattro persone.

L'inchiesta era partita dopo che alcuni partecipanti al corteo antigovernativo del 21 settembre - tra i quali l'eurodeputata di Leu Eleonora Forenza - avevano denunciato di essere stati aggrediti alla fine del corteo in via Crisanzio, non distante dalla sede di Casapound, situata in via Eritrea. L'esame dei filmati delle telecamere di videosorveglianza installate nella zona ha consentito di ricostruire l'aggressione, alla quale avrebbero partecipato 16 esponenti dell'organizzazione di estrema destra. Le vittime - alcune delle quali avevano preferito non denunciare - erano state picchiate a mani nude e con delle cinghie, riportando diverse lesioni.

A conclusione dell'indagine risultano indagati 30 militanti di Casapound (di cui 2 minorenni) per la violazione della legge Scelba, che punisce l'apologia di fascismo. Dieci di loro sono ritenuti responsabili di lesioni aggravate in concorso. Tra gli indagati anche cinque militanti del locale centro sociale "Ex Caserma Liberata" per violenza e minacce nei confronti di pubblici ufficiali appartenenti alle forze dell'ordine. Questi infatti, appresa la notizia dell'aggressione, al fine di raggiungere la sede di Casapound, non avevano esitato ad aggredire, a loro volta, le forze di polizia intervenute. Ricostruzione negata fin dall'inizio dai militanti del gruppo di estrema destra, che sui social avevano accusato gli antifascisti di essere arrivati in via Eritrea per assaltare la loro sede.

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