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Premio choc a Curcio: l'Anpi si sveglia in ritardo

Solo le proteste del centrodestra hanno indotto i partigiani a smarcarsi dalla targa per l'ex Br

Premio choc a Curcio: l'Anpi si sveglia in ritardo

Le colpe dei padri non devono ricadere sui figli. Però i meriti degli zii a volte posso riversarsi sui nipoti, ammantandoli di gloria riflessa e abbagliando la ragione, il buon senso e la pietà.

Forse i nostri figli non sanno chi sia Renato Curcio, però noi, e i nostri padri, lo ricordiamo bene. Oggi ha 77 anni, è tornato a fare il sociologo (studiò a Trento), ha fondato una cooperativa editoriale e si occupa di emergenze sociali come l'immigrazione, la disabilità, il mondo delle carceri. Ma ieri - forgiatosi nelle lotte del Movimento studentesco - è stato il fondatore e l'ideologo delle Brigate Rosse: uno dei leader del gruppo di lotta armata che, dall'estrema sinistra, infiammò gli anni di piombo.

Un passato così lontano, e un presente così socialmente impegnato, da proporlo pubblicamente per riceve una pergamena dell'Anpi in memoria dello zio partigiano. Un ottimo esempio di democrazia ferita. Renato Curcio domani doveva essere a Orsara di Puglia, in provincia di Foggia, il paese di cui era originaria la madre Jolanda, per tenere un seminario in una sala del Comune sul tema «Analisi sociale sulle condizioni di vita in alcune istituzioni italiane», affrontando - secondo il programma - la situazione vissuta all'interno delle carceri, gli orfanotrofi, le cliniche per gli anziani. L'invito era arrivato dall'Issup, la Scuola Internazionale di Studi per la Pace Universale di Orsara, con il patrocinio dell'Amministrazione comunale. Era la cornice all'interno della quale il sindaco, Tommaso Lecce, gli doveva consegnare una pergamena dell'Associazione Partigiani d'Italia che ricorda il sacrificio di Armando Curcio, giovane partigiano morto in guerra, zio di Renato: nato ad Orsara, militò nelle fila della «Divisione Garibaldi» e morì a 21 anni sul Montoso, a Bagnolo Piemonte, lottando per la libertà. Nemesi della Storia, la stessa libertà che il nipote ha calpestato e violentato costituendo, con i suoi compagni di lotta, un'associazione sovversiva che ha gambizzato, ucciso, rapito e insanguinato, terrorizzando il Paese per oltre un decennio. Da notare che Curcio, il quale pure ha scontato 25 anni di reclusione, non si è mai dissociato dalla stagione della lotta armata.

A giorni alterni, ma spesso anche consecutivi, intellettuali e politici della Sinistra più riflessiva e coscienziosa - dalle colonne dei giornali e dalle trasmissioni tv - mettono in guardia il Paese da rigurgiti di fascismo, razzismi striscianti, tentazioni autoritarie, democrazia in pericolo. Ma mentre si condanna il ritorno di fantasmi del passato (solo di un certo passato) è perlomeno dissonante vedere che le istituzioni - nel caso di Renato Curcio, un sindaco - promuovono elogi e premi a chi teorizzava l'abbattimento dello Stato. Nel silenzio degli antifascisti da salotto.

Comunque. La notizia della performance pubblica di Curcio fino a ieri pomeriggio veleggiava tra lo stupore e la vergogna. Poi c'è stata una protesta da parte di Fratelli d'Italia e della Lega. E in serata ha prevalso in buon senso. L'incontro è stato annullato. Il sindaco di Orsara di Puglia ha fatto un passo indietro. La sezione foggiana dell'Anpi ha preso le distanze.

Renato Curcio continuerà a lavorare nella sua cooperativa, pubblicare libri e tenere conferenze.

Per ora, almeno, non potrà sfoggiare nell'album di famiglia una pergamena - riconoscimento di meriti indiretti - per il sacrificio reso (invece che inferto) al Paese.

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