Cronache

Si fa la pipì addosso e lo vestono di rosa. Protesta dei genitori sulle maestre

I pantaloni rosa erano gli unici rimasti tra le scorte. Il biglietto consegnato dalla mamma: "Lo preferivamo sporco e bagnato"

Si fa la pipì addosso e lo vestono di rosa. Protesta dei genitori sulle maestre

Meglio vestire un bimbo di rosa o lasciarlo sporco e bagnato di pipì? Ad una scuola dell'infanzia di Chivasso, da qualche giorni si discute su questo dilemma. Da una parte le maestre dell'asilo e dall'altra i genitori di un bimbo che il giorno prima aveva avuto qualche problema a comunicare la necessità di andare in bagno.

Succede che i bimbi non riescano a trattenere i propri bisogni e finiscano col farsela addosso. Capita. Quando è successo alla scuola dell'infanzia di Chivasso, le maestre hanno pensato di cambiare il piccolo per non lasciarlo con gli abiti bagnati. Solo che tra i vestiti di ricambio di scorta c'era solo un paio di pantaloni rosa.

Una volta tornato a casa, la visione di quel colore (per convenzione attribuito alle femminucce) non ha fatto piacere ai genitori del bambino. Che il giorno dopo hanno presentato un biglietto per le maestre. "Vi ringrazio per i pantaloni rosa e le mutandine che avete imprestato al bambino - c'era scritto, come riporta il Corriere - dopo aver esaurito la scorta. Però le norme sociali non le abbiamo fatte noi. Lo preferivamo sporco e bagnato, che sappiamo asciuga, piuttosto che vestito da femmina e con le idee sull’identità di genere in conflitto".

La vicaria, Enrica Venneri, ha spiegato al quotidiano di via Solferino che "le insegnanti hanno addirittura avvisato papà e mamma del piccolo che venissero a portare un altro cambio e solo dopo aver appreso che non potevano raggiungere la scuola hanno recuperato dei pantaloni e la biancheria di scorta che teniamo in caso di necessità". Ma ai genitori evidentemente non andava bene.

Immediata è arrivata la replica anche del preside della scuola, Angelantonio Magarelli che invita a "rigettare" questo "tipo di pensieri" altrimenti "non possiamo che alimentare idee distorte legate al modo di vestire o pensare". Critica anche la vicaria, Enrica Venneri: "

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