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Come nascono i super occhi che esplorano l'universo

Come nascono i super occhi che esplorano l'universo

Nell'anticamera sono stati preparati grembiuli, calzari e cuffiette di plastica. Entrare senza indossarli è proibito. Oltre la porta c'è una stanza dove l'aria esce e non entra mai. La pressione è più alta di qualsiasi ambiente. Temperatura e umidità sono controllati perché rispettino i 22 gradi e il 55 per cento con minime variazioni. Non possono volare più di centomila microparticelle da 0,5 micron ogni piede cubo di spazio. Le pareti sono dotate di cappe a flusso laminare. Questo è l'accesso alla camera bianca. Tutto quello che si progetta e si lavora qui dentro finirà ad almeno 300 chilometri dalla terra. Un granello di polvere può disturbare il lavoro di anni. Può sporcare i teleobbiettivi tra i più sofisticati al mondo e carbonizzare gli impianti laser. La camera bianca è una sorta di culla per strumenti elettro-ottici che esploreranno lo spazio: camere multispettrali, termiche, di visione, ossia i più potenti occhi costruiti per indagare la fisica dei pianeti, e i sensori stellari, le bussole per viaggiare nel sistema solare.

I millequattrocento metri quadrati di culle spaziali si trovano a Campi Bisenzio, dieci chilometri a nord ovest di Firenze, negli stabilimenti di Leonardo, l'azienda italiana presente in quasi tutte le missioni dell'Esa, l'ente spaziale europeo, e in molte della Nasa. È stato progettato e costruito qui Simbio-sys, lo strumento a tre camere, tra cui uno spettrometro, della missione europea- giapponese Bepi Colombo, che esplorerà Mercurio. Ed è nato ed è stato «cullato» anche in questo luogo il sensore stellare Star Tracker, che ha guidato la missione Nasa InSight appena atterrata su Marte: ne ha calcolato l'assetto esatto durante il viaggio dieci volte ogni secondo.

Le bussole celesti

Gli stabilimenti di Campi Bisenzio sorgono nelle ex Officine Galileo e l'ottica ne è la storia e il punto di forza. E' la sede dove si progettano soprattutto le lenti e le bussole dell'universo. Qui sono stati costruiti ottocento sensori di assetto, per Esa, Nasa, Asi e per molte Nazioni extraeuropee. Dotati di una memoria con un catalogo di tremila stelle, fotografano lo spazio intorno a una sonda o a un satellite e possono calcolarne la posizione esatta, indicando le più piccole correzioni di rotta. Queste particolari bussole stellari, e gli strumenti ottici, i super occhi capaci di vedere nella materia a distanza, come gli spettrometri, sono le eccellenze di questa fucina spaziale fiorentina. L'Italia è in orbita più di quanto si possa immaginare, e in questo luogo si possono comprendere i segreti della più estrema ed entusiasmante ispezione umana della galassia.

Gli spettrometri sono strumenti che frazionano le immagini in bande luminose infinitamente piccole. Le strisce colorate sono in grado di dare informazioni sulla composizione chimica e fisica di una superficie a distanza di migliaia di chilometri. Questo perché ogni sostanza ha una sua «firma spettrale», ci spiega Enrico Suetta, responsabile dei sistemi elettro-ottici e sensori di assetto spaziali di Leonardo. Sono gli spettrometri a raccontare le materie di cui sono fatti Marte e Mercurio, per esempio. L'elaborazione massima di questo sistema di scomposizione dei colori porterà tra due anni a indagare anche «lo stato di salute della vegetazione del pianeta» con Flex. In questa missione gli spettrometri capteranno le bande di emissione della clorofilla. Illuminata dal sole, la clorofilla «emette uno spettro luminoso e lo strumento misura due precise lunghezze d'onda, sottilissime». Si avranno informazioni sullo stato di salute delle piante a livello mondiale, non solo per grandi aree, come l'Amazzonia, ma anche per i campi coltivati. I dipendenti dello stabilimento sono mille, con un'altissima incidenza, oltre il 50%, di laureati, ingegneri e fisici. La progettazione supera di gran lunga la parte di costruzione. I sensori stellari sono l'unico prodotto in serie. Gli strumenti ottici delle missioni sono invece spesso pezzi unici, «come vestiti su misura tessuti da una sarta». Richiedono centinaia di cervelli dedicati, a volte anche per l'intera vita lavorativa. Possono trascorrere tre lustri prima che una sonda passi dal progetto all'arrivo nell'orbita di un pianeta.

Il grande respiro

Le ottiche del maxitelescopio Plato dell'Agenzia spaziale europea sono custodite in una delle camere bianche, quella in cui possiamo entrare dopo un'accurata vestizione, accanto a una camera spettrale destinata all'osservazione della Terra che sembra un castello d'oro per bambole: il 3MI del programma europeo Metop Second Generation esplorerà la nostra qualità dell'aria. Il suo compagno di camera bianca, il telescopio Plato con i suoi ventisei occhi, dovrà cercare invece un esopianeta, ossia un pianeta abitabile vicino a una stella della nostra galassia. In poche parole un'altra Terra. «Quando un pianeta passa di fronte ad una stella», spiega Suetta, «avviene una micro pulsazione di energia che il telescopio sarà in grado di catturare». Attraverso le leggi di Keplero si possono calcolare le dimensioni e la distanza dalla stella. Una volta che si individuerà un esopianeta, il suo eventuale raggiungimento andrà oltre la generazione che ha lavorato alla sua scoperta. È la ricerca di un'altra vita possibile nello spazio.

Tra le camere bianche, in fondo, si lavora per l'eternità. «Della missione Bepi Colombo su Mercurio si iniziò a parlare agli inizi degli anni 2000 racconta Iacopo Ficai Veltroni, project manager di Simbio-sys - Lo sviluppo è cominciato nel 2008». Poi dieci anni tra progetto, costruzione e collaudo, fino al lancio. Ora sette di viaggio. L'esploratore di Mercurio che potrà raccontare come è fatto il pianeta più vicino al sole è stato compattato in «appena quattordici chili».

ll veterano Soho

Nei dieci anni di lavorazione è stato compreso anche il collaudo, l'altra anima del lavoro a Campi Bisenzio. I corridoi sono un'alternanza di camere bianche e di camere del vuoto, dove viene simulato il vuoto cosmico: condizioni termiche estreme tra - 200- e + 150 gradi per le parti esterne e -+ 50 per gli strumenti interni. E poi gli shaker, piattaforme di vibrazione che simulano urti e le fortissime sollecitazioni meccaniche del momento del lancio. Lo strumento viene testato proprio come se si trovasse nello spazio. Una delle prossime sfide è ora la trivella che dovrà entrare nelle viscere di Marte.

Per ExoMars, la sonda progettata da Europa e Russia con lancio previsto nel luglio 2020, Leonardo costruisce una trivella che scaverà gli strati del pianeta rosso fino a una profondità di due metri: andrà a caccia della vita, presente o passata. Ancora un'altra vita. Sulle scale che immettono agli uffici è appeso un modellino. Non è un satellite qualsiasi, ma uno dei più longevi di sempre: SOHO, osserva da vent'anni la corona del sole.

Perché non c'è esplorazione umana della galassia che possa prescindere dalla grande stella da cui dipende l'unica vita che conosciamo.

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