Economia

La Consob congela Carige in Borsa

Anche il governo sale sul ring per convincere i Malacalza a firmare l'«armistizio»

La Consob congela Carige in Borsa

È partito l'accerchiamento: Bce, Bankitalia, governo e Consob stringono la presa per far firmare ai Malacalza l'armistizio su Carige. L'autorità che vigila sui mercati ieri ha riunito i commissari e ha deciso la sospensione del titolo della banca ligure in Borsa - come era già successo nel caso del Monte dei Paschi - per consentire di risolvere la crisi senza speculazioni. Oggi, infatti, Piazza Affari riapre dopo le feste di fine anno e le azioni Carige dopo lo stop all'aumento di capitale sono crollate a 0,0015 euro con un valore di Borsa di soli 78 milioni (nel 2007 capitalizzava 6 miliardi).

I riflettori di Consob sono accesi da giorni sul dossier anche per stabilire se la famiglia Malacalza eserciti un controllo di fatto, ovvero una effettiva «influenza dominante» ai sensi dell'articolo 93 del Tuf. La stessa ipotesi è sul tavolo della Bce che potrebbe contestare al socio genovese una «funzione di direzione e coordinamento»: a fine 2017, in cambio dell'autorizzazione di Francoforte a salire fino al 28%, Malacalza Investimenti si era impegnata a modificare lo statuto, precludendo proprio l'assunzione delle funzioni di direzione e coordinamento, ossia a non prendere decisioni strategiche e operative che avrebbero impresso una gestione unitaria all'istituto ligure.

La Vigilanza Ue, da ieri nelle mani di Andrea Enria che preso il posto di Daniele Nouy, potrebbe inoltre chiedere la conversione forzosa del bond subordinato da 400 milioni già sottoscritto per 320 milioni dallo Schema Volontario del Fitd. Che diventerebbe socio al 49 per cento. L'alternativa è lo schema seguito per il salvataggio delle ex popolari venete da parte di Intesa Sanpaolo: le attività ancora sane di Carige verrebbero consegnate gratuitamente a un possibile partner, mentre la vecchia Carige verrebbe posta in liquidazione e le sue sofferenze dirottate nella bad bank nazionale Sga. L'intervento dello Stato coprirebbe a quel punto le perdite su crediti.

La moral suasion di Consob e Bce si è aggiunta a quella di Palazzo Chigi che il 31 dicembre è sceso in campo per allontanare lo spettro di un intervento statale, il secondo dopo Mps, che l'asse gialloverde non può assolutamente permettersi alla vigilia delle elezioni europee. A poche ore dal veglione di Capodanno, il premier Giuseppe Conte ha convocato i vertici della banca ligure, l'ad Fabio Innocenzi e il presidente Pietro Modiano, e sentito al telefono anche il patron della Malacalza Investimenti, Vittorio, e i due figli Davide e Mattia. Obiettivo: invocare un accordo dopo il siluramento dell'aumento di capitale in assemblea da parte del primo azionista (con il 27,5%). Fra l'altro, Conte conosce già il secondo socio di Carige (già sceso in trincea contro i Malacalza, perdendo però la partita sulla governance), Raffaele Mincione cui aveva fornito una consulenza come avvocato e dunque prima di diventare premier per il caso Retelit.

La via maestra indicata dagli attori istituzionali in campo resta, dunque, quella dell'aumento, per il quale potrebbe essere convocata un'assemblea-bis all'inizio di febbraio. Intanto, la governance della banca registra la terza defezione nel giro di poche settimane dopo quelle del consigliere Mincione e della vicepresidente, Lucrezia Reichlin.

Fabio Monti, nominato sindaco supplente della banca nell'assemblea del 22 dicembre, ha comunicato «di non essere più disponibile a ricoprire tale carica».

Commenti