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Le Regioni "rosse" contro Salvini: ​ricorso per fermare il decreto Sicurezza

Fanno leva su un cavillo per chiedere alla Consulta di invalidare la legge. Ecco chi è sceso in campo contro Salvini e il suo decreto Sicurezza

Le Regioni "rosse" contro Salvini: ​ricorso per fermare il decreto Sicurezza

Piemonte, Toscana, Basilicata e Umbria sono già passate all'attacco. L'Emilia Romagna, il Lazio e la Calabria sono pronte a fare altrettanto. Sono tutte Regioni "rosse" quelle scese in campo contro Matteo Salvini spostando lo scontro sul decreto Sicurezza alla Corte costituzionale. Un'ondata di proteste che va a ingrossare il fuoco di fila sparato dai sindaci ribelli che, come Dario Nardella (Firenze), Luigi De Magistris (Napoli) e Leoluca Orlando (Palermo), ha annunciato che disobbediranno con la legge votata dal parlamento. "Questi pensano ai clandestini e se ne fregano degli italiani - ribatte Salvini - ma chi li vota più?".

Chiuso il fronte sulla manovra economica, la sinistra parte all'assalto contro il decreto Sicurezza nonostante un sondaggio abbia già messo in evidenza che oltre il 60 per cento degli italiani sia al fianco di Salvini. "Al di là del sondaggio online, per la strada tra la gente vera mi dice solo 'vai avanti!' - commenta il vice premier leghista - non sarà certo qualche sindaco di sinistra in cerca di visibilità a ostacolare il diritto alla sicurezza, all'ordine e alla legalità degli italiani!". A opporsi non sono i sindaci ma anche diversi governatori. Tutti politici di sinistra che puntano tutto sul ricorso alla Consulta per resuscitare un partito, come il Pd, in caduta libera. Tra i capofila della protesta c'è il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi. "Questo decreto porterà più insicurezza e lascerà persone senza diritti, accrescerà il numero di irregolari e ostacola anche funzioni di controllo", spiega il governatore accusando il Viminale di ostacolare il funzionamento dei servizi e della sanità di competenza regionale. Al suo fianco c'è anche il numero uno del Piemonte Sergio Chiamparino che rinfaccia a Salvini di impedire il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari e, quindi, di ingolfare la gestione dei servizi sanitari e assistenziali di competenza regionale. Sulla stessa linea anche Marcello Pittella (Basilicata) e Catiuscia Marini (Umbria) che hanno sollevato la questione davanti alle giunta regionali ribadendo la volontà di mantenere inalterati i servizi e i diritti agli immigrati.

Contro Salvini sono pronti a scendere in campo altre Regioni. Nicola Zingaretti, governatore del Lazio già candidato alle primarie del Pd, sta valutando mosse concrete per "disattivare" il decreto Sicurezza. Oltre a incontrerare i sindaci, stanno valutando anche lui il ricorso alla Consulta. Nell'immediato ha, poi, stanziato 1,2 milioni di euro per non far chiudere gli Sprar che i precedenti governi di sinistra avevano aperto nella sua Regione. Zingaretti non è l'unico a valutare mosse in questo senso. Anche Stefano Bonaccini (Emilia Romagna) e Mario Oliverio (Calabria) stanno ponderando l'ipotesi di presentarsi davanti ai giudici della Consulta. Il cavillo su cui vogliono far leva per smontare la legge voluta da Salvini per riportare la sicurezza in Italia è sempre lo stesso: il diritto alle cure sanitarie. In realtà, come spiegato dal Giornale.it, ai richiedenti asilo e ai migranti cure mediche, accoglienza a assistenza saranno comunque garantite.

Questi dipendono infatti dal domicilio, non dall'iscrizione anagrafica.

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