Cronache

"Ricordare Acca Larentia per dare un Paese migliore ai nostri figli"

La lettera di Caio Mussolini, pronipote del Duce, sugli anni dell'odio nell'anniversario della strage alla sede missina a Roma: "Anni di inaudita violenza verso chi la pensava in modo diverso"

"Ricordare Acca Larentia per dare un Paese migliore ai nostri figli"

Quella del 7 gennaio del 1978 è una data listata a lutto, per la destra italiana. A Roma, in un agguato alla sede missina in via Acca Larentia nel quartiere Tuscolano, furono trucidati da un commando di estrema sinistra, a colpi di arma da fuoco due ragazzi, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, che avevano rispettivamente 19 e 18 anni.

Qualche ora più tardi, in circostanze oscure, resta ferito a morte un altro militante missino, Stefano Recchioni, di 20 anni. Morirà dopo alcuni giorni di agonia in ospedale.

Fu un episodio che segnerà a fondo le comunità della destra italiana e che, ancora oggi, suscita commozione e rabbia. Da più di quarant'anni si riuniscono, ogni anno, proprio ad Acca Larentia, a ricordare quelle vittime dell'odio politico. Erano anni terribili, che non a caso passeranno alla storia recente del nostro Paese come “di piombo”: una cappa tremenda che non risparmiava più nessuno, nemmeno i bambini. Come, all’epoca, era Caio Giulio Cesare Mussolini, nipote di Vittorio e pronipote del Duce che affida a una lettera il ricordo di quei momenti: “Ero un bambino, ma ricordo bene quegli anni. A fine del 1978 ci trasferimmo in Venezuela, e ne ero contento, sollevato. Sentivo il clima di odio e di violenza che c’era, anche se non capivo bene tutte le ragioni. Avevo un cognome che mi rendeva diverso dagli altri miei coetanei, che normalmente pensavano solo a giocare a pallone o guardare Goldrake, e mi pesava molto”.

E aggiunge: “Abitavo a Roma in Viale Manzoni, vicino alla più conosciuta Piazza San Giovanni, storico luogo dei raduni della sinistra. Capivo l’avvicinarsi di una loro manifestazione dai negozi della mia strada, che con anticipo mettevano delle coperture in legno a protezione delle vetrine. Di fronte a casa mia c’era il Collegio di Santa Maria. Non ci studiavo, ma frequentavo il gruppo dei lupetti. Ricordo ancora che durante una manifestazione comunista vennero distrutte le scritte di plastica, ovali, lettere nere con sfondo bianco, col nome della scuola che erano sulla ringhiera. A cosa sarà servito farlo?”.

L’analisi di Mussolini è amara: “Erano anni di una violenza inaudita, specialmente contro chi non la pensava come te e vestiva in maniera diversa. Quell’odio ha portato a stragi come quella di Acca Larentia, di cui ricorre oggi l’anniversario”.

Una violenza immotivata: “La rivendicazione di un gruppo di estrema sinistra diceva '...Un nucleo armato, dopo un'accurata opera di controinformazione e controllo alla fogna di via Acca Larenzia, ha colpito i topi neri nell'esatto momento in cui questi stavano uscendo per compiere l'ennesima azione squadristica. Non si illudano i camerati, la lista è ancora lunga. ...' Invero, l’azione squadristica era fare volantinaggio per un concerto di musica alternativa di destra. Ancora oggi gli assassini di Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta non sono stati individuati, e le dinamiche dell’uccisione di Stefano Recchioni non sono mai state chiarite del tutto”.

Perciò, per Caio Mussolini, quanto è successo non può né deve passare sotto silenzio: “Ricordiamo oggi questa strage, ricordiamo i tre giovani missini morti per le proprie idee e facciamolo tutti insieme.

Con l’augurio che i nostri figli possano crescere in un paese migliore, come lo desideravano loro”.

Commenti