Cronaca locale

Bilancio, ira del Comune: "Tagli a scuole materne"

L'assessore Tasca: "Ci costano 80 milioni l'anno, ma sono di competenza dello Stato che non paga"

Bilancio, ira del Comune: "Tagli a scuole materne"

Dall'anno prossimo scuole dell'infanzia a rischio. L'assessore al Bilancio del Comune Roberto Tasca, lancia la sua provocazione contro la legge di Bilancio 2019 che mette letteralmente in ginocchio l'amministrazione. Nelle casse i Palazzo Marino mancano 65 milioni di euro dovuti ai tagli del governo, che starà all'amministrazione recuperare. Non solo quella milanese, ma anche quelle di Torino, Bologna, Genova guidarti da giunte di colore politico diverso, ma accomunate dalla battaglia contro la manovra 2019. Oggi a Roma, infatti si terrà la riunione dei tecnici Anci dove si riuniranno gli assessori competenti dei Comuni aderenti per mettere a punto una proposta alternativa o meglio le correzioni alla Manovra, domani sarà la volta dei consiglio del direttivo, formato dai sindaci, che ufficializzeranno la proposta. Nel mirino: i continui tagli da parte del governo centrale che stanno strozzando gli enti locali. Tradotto in numeri dal 2011 a oggi i comuni hanno lasciato sul tavolo 12 miliardi di euro.

Nel portafoglio di proposte di modifica della Finanziaria che uscirà dall'Anci la riduzione dei 10 punti della percentuale di accantonamento al fondo crediti dubbia esigibilità che «sarebbe opportuno trasformare in un reale fondo di svalutazione crediti con conseguente riduzione di questa riserva», si sottolinea dal Comune di Milano, l'eliminazione del comma 895 che vincola il contributo compensativo Imu Tasi alle manutenzioni straordinarie, andando a incidere sulla spesa in conto capitale. Infine sbloccare le spese per 560 milioni che erano state congelate fino al 2018 dal bonus Cultura di 80 euro di Renzi.

«C'è una precisa strategia dietro questa manovra giocata tutta sulla spesa pubblica, si punta ad assediare le città - attacca Tasca - a ridurle alla fame per poi proporsi tra tre anni come i salvatori della patria, con le tasche gonfie di beni da distribuire. Ma a noi questo giochino non ci stiamo». Della serie: facile fare tagli a livello centrale e scaricare tutte le responsabilità dei tagli ai servizi e dell'aumento delle tasse della cancellazione delle aliquote».

Come fare? «Recuperare dal costo degli assessorati, pari a 750 milioni di euro, circa 30 milioni - spiega Tasca - con tagli lineari e mirati. Ci sono servizi che possiamo ridurre, altri che non possiamo toccare, come il servizio trasporto disabili, e altri che possiamo scegliere se erogare o no. Ma per esempio, sono decenni che Palazzo Marino gestisce i servizi all'infanzia, anche se non sono di competenza dell'amministrazione. Ci costa 80 milioni di euro: sarebbe ora che Roma ce lo restituisse, altrimenti saremo costretti a ridurre progressivamente il servizio, tagliando progressivamente i costi.

Stesso discorso per il blocco del turn over, conseguenza inevitabile dei tagli, che nel caso di Milano arrivano al dimezzamento del contributo compensativo Imu Tasi, passato da 300 nel 2017 a 190 milioni di euro (vincolati, per altro, alle manutenzioni straordinarie). Dei 900 dipendenti stimati che dovrebbero andare in pensione a quota 100 da qui l 2021, infatti, il titolare al Bilancio conta di riuscire a sostituirne 300-350. Tanto per dare un'idea sono anni che i sindacati chiedono l'assunzione di 300 vigili, promessa per altro dallo stesso sindaco Sala in campagna elettorale. Così mancherebbero all'appello anche 235 educatrici dei servizi all'infanzia.

«Non vogliamo alzare le tasse locali (cosa per altro impossibile verrebbe da dire dal momento che le aliquote sono state tutte spinte al massimo, e in primavera ci attende l'aumento dei biglietti Atm ndr) o cancellare esenzioni e agevolazioni» annuncia Tasca. Oltre ai tagli, sul piatto anche l'azzeramento dei contributi alle attività sociali e culturali e il ricorso ai dividendi straordinari delle partecipate. Quelli di Sea ammontano a 200 milioni di euro circa che il Comune potrà richiedere.

Fondi, che per una scelta politica precisa, erano stati lasciati nelle casse delle partecipate e che ora rischiano di venire, almeno in parte, intaccati.

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