Economia

Dalle autostrade ai cioccolatini Pernigotti, tutte le smanie stataliste dei Cinque Stelle

I grillini sognano un incrocio tra l'autarchia del Ventennio e il socialismo venezuelano stile Chavez-Maduro. Nel mirino era finita anche la Borsa

Dalle autostrade ai cioccolatini Pernigotti, tutte le smanie stataliste dei Cinque Stelle

Autostrade nazionalizzate, banche nazionalizzate, Alitalia nazionalizzata, rete telefonica nazionalizzata, acqua nazionalizzata, Bankitalia e la Borsa nazionalizzate, statalizzazione anche della tv con divieto ai privati di possedere più del 10% di un canale televisivo.

E poi c'è la Cassa depositi & prestiti che diventa una Banca pubblica di investimenti, l'obbligo per i marchi italiani di produrre solo in Italia («legge Pernigotti» la vuole chiamare Di Maio), migliaia di concessioni pubbliche da rivedere e nel caso revocare con l'ingresso della mano pubblica, la fallimentare Atac romana che resta saldamente nelle pessime mani del Comune di Roma per la gioia di Virginia Raggi, e quindi lo Stato che trova magicamente lavoro ai disoccupati con i centri per l'impiego pubblici o li mantiene con il reddito pubblico di cittadinanza.

L'idea di Stato che hanno in mente i Cinque stelle è un incrocio tra l'autarchia del Ventennio e il socialismo venezuelano stile Chavez-Maduro. Non stupisce che il Sudamerica appassioni così tanto il globetrotter M5s Alessandro Di Battista, uno dei più fervidi sognatori di nazionalizzazioni grilline: «Io credo fermamente nelle nazionalizzazioni e nei Parlamenti e nei Governi sovrani! Credo che le autostrade debbano appartenere al Popolo italiano, così come le telecomunicazioni, così come la rete idrica e quella ferroviaria, così come la Banca d'Italia del resto. Tutto ciò in passato ha fallito? Beh è stata colpa degli uomini, non del concetto di nazionalizzazione in sé» ha scritto qualche tempo fa dal Guatemala.

Ma la febbre statalista è nel dna del Movimento. Dalle battaglie di Beppe Grillo a fine anni '90 contro la privatizzazione di Telecom al referendum per l'acqua pubblica, il M5s ha sempre invocato l'intervento pubblico come la panacea per i mali italiani. Crolla un ponte? Va ritirata la concessione ad Atlantia e nazionalizzata la rete autostradale. Alitalia perde milioni? Va nazionalizzata e il personale della compagnia prepensionato, finanziandone l'esodo con un'addizionale di 5 euro su ogni biglietto aereo. Carige fallisce? Va nazionalizzata e trasformata, dice Di Maio, in una banca pubblica che «dà crediti alle imprese in difficoltà e mutui alle famiglie». Una banca pubblica di investimenti sognata anche Davide Casaleggio come evoluzione della Cdp e che secondo i capo della Casaleggio Associati dovrebbe gestire gli investimenti, razionalizzare i finanziamenti regionali e anche gli 800 milioni all'anno che le fondazioni bancarie spendono in varie iniziative.

Ma la fantasia nazionalizzatrice grillina si è spinta oltre. In Parlamento il M5s ha proposto, oltre alla nazionalizzazione di Bankitalia, anche quella di Borsa Italiana: «Il capitale, oggi in mano agli inglesi deve essere interamente pubblico perché nella sua funzione si individua l'identità della sovranità statale». Nel mirino dei Cinque stelle ci sono poi 35mila concessioni pubbliche, allo studio di una task force di Palazzo Chigi per vedere cosa farne e se riportarne la competenza allo Stato. Sulla scia del percorso già avviato su strade, dighe e impianti idroelettrici, segnala il Sole 24 Ore, il governo gialloverde sta facendo una «ricognizione» delle concessioni in scadenza o scadute in settori disparati: licenze per lo sfruttamento di acque minerali e termali, idrocarburi, frequenze per tv e telefonia, geotermico, giochi, aeroporti. Salve solo le licenze degli ambulanti e dei balneari.

Perchè lo Stato si deve occupare di tutto, ma senza disturbare gli amici.

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