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La Lega accelera sulla Tav Il governo sotto al Senato

Salvini agli alleati: "Non si può dire sempre no". Ipotesi "Torino-Lione Light" per contenere i costi

La Lega accelera sulla Tav Il governo sotto al Senato

«Basta con i no». Matteo Salvini attacca l'alleato pentastellato afflitto dalla sindrome del rifiuto di fronte a troppe delle iniziative che stanno a cuore al leader del Carroccio. «Con i soli no non si campa - dice il vicepremier - Non si può dire no al carbone, no al petrolio, no al metano, no alle trivelle, mica possiamo andare in giro con la candela e accendere i legnetti. Di tutto il resto si può discutere, ma con i soli No non si campa». Uno sfogo che segna un momento di grande crisi della maggioranza che cova al suo interno divergenze profonde che rendono più difficile procedere nell'azione di governo.

I temi che dividono la Lega da M5s non sono trascurabili: la Tav; i termovalorizzatori; le trivelle. All'attacco di Salvini hanno subito risposto su Twitter i ministri Cinquestelle, Giulia Grillo (Salute) e Sergio Costa (Ambiente) lanciando l'hashtag, siamo quelli del #Sì. Ma intanto l'ineffabile ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli ieri ha ribadito il suo no alla Tav definita «un'opera che è uno spreco in assoluto». E Paolo Foietta, (commissario straordinario del governo per la Torino-Lione nominato nel 2015 dal Pd) davanti alla commissione Trasporti della Camera ha confessato di sentirsi «in una situazione surreale ed imbarazzante» perché da mesi cerca di interloquire con il governo senza alcun successo, aggiungendo anche che se Toninelli lo avesse incontrato «avrebbe evitato di fare figuracce» visto che fermarsi «costerebbe di più che terminare il tunnel». Dichiarazioni bollate da M5s come «uno show politico di parte». All'orizzonte potrebbe profilarsi però una soluzione di compromesso. Un'opera ridotta a 57 chilometri dei quali soltanto 12 in Italia con un risparmio di circa 1 miliardo e mezzo: una «Tav light» che potrebbe incassare anche il placet di Salvini.

Poi c'è lo spinoso capitolo delle nomine intorno al quale ieri si è consumato l'ennesimo scontro Lega-Cinquestelle. Pomo della discordia la governance degli enti parco nazionali. Ieri a causa del voto contrario della Lega il governo è stato battuto in commissione Ambiente del Senato anche se il parere espresso non è vincolante. La Commissione ha bocciato la nomina del generale Antonio Ricciardi a direttore del Parco Nazionale del Circeo, 13 voti contrari, 7 favorevoli e 2 astenuti. Ricciardi era il nome proposto dal ministro Costa, che comunque tirerà dritto: la bocciatura della commissione non gli interessa. Costa conosce bene Ricciardi che era comandante generale del Nucleo tutela forestale quando Costa era comandante regionale dei carabinieri forestali in Campania. «Non accetteremo diktat e respingeremo i tentativi di far nominare persone non adeguate a questo ruolo così importante e delicato - ha commentato a caldo Costa- I parchi sono un patrimonio essenziale per tutto il Paese. La politica ha il compito di nominare i migliori presidenti per la loro gestione e i partiti devono restarne fuori».

Ma perché la Lega ha votato contro? Le ragione starebbe nel metodo e non nel merito e lo scontro anche se in tono più istituzionale è proseguito durante il question time alla Camera. Il leghista Giuseppe Cesare Tonina rivolto a Costa ha parlato di «gravissimo ritardo» nell'individuazione dei presidenti degli enti parco «dalle Cinque Terre all'Aspromonte, passando per le Dolomiti bellunesi e la Val d'Agri», accennando anche a «episodi curiosi» come l'annuncio della nomina del presidente Parco dei Monti Sibillini «con modalità che appaiono agli interroganti quanto meno irrituali».

Accusa di «modalità irrituali» alla quale Costa ha replicato ricordando che la procedura era stata concordata «con i due sottosegretari all'ambiente» quindi anche con la leghista Vannia Gava.

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