Cultura e Spettacoli

Una figlia d'arte di "Mater Dolcissima"

La psicologa Roberta Palopoli, nella sua opera prima, "Mater Dolcissima", racconta le vicende di una famiglia della borghesia romana. E si addentra nel loro universo

Una figlia d'arte di "Mater Dolcissima"

Roberta Palopoli, psicologa, talentuosa figlia d'arte (la mamma è l'attrice Simona Marchini), e autrice dell'opera prima "Mater Dolcissima" per Emersioni Editore, ci introduce il suo romanzo, ambientato in una famiglia della borghesia romana.

"Mater dolcissima", come mai questo titolo?

Il titolo rimanda ad un episodio in un capitolo del libro in cui la protagonista, in un momento particolare, entra in una chiesa e parla con la Madonna a cui è dedicata, che lei prega spesso e a cui è devota.

Ci racconta in sintesi la trama?

Dopo la perdita dell'amata sorella, una donna brillante, piena di prospettive, innamorata e madre di un neonato, Anna, la protagonista, ne sposa il marito, ormai vedovo. La loro vita si snoderà negli anni sopportando bugie, segreti, condivisione di paure e dolori che verrano tenuti nascosti al figlio, che non saprà mai di aver perduto la vera madre. La storia si snoda in 40 anni circa, dagli anni 70 ad oggi.

Come mai ha sentito l’esigenza di raccontare la borghesia e la sua incomunicabilità romana nel suo romanzo?

Più che un'esigenza ho osservato il mondo in cui ho vissuto gran parte della mia vita, ed ho preso spunto da una storia vera, romanzando poi tutti i dettagli, costruendo personaggi basandomi su persone conosciute, esagerando alcune loro esperienze, inventandone altre di sana pianta. Non c'è molto di me, se non sensazioni, opinioni che faccio esprimere ad ogni personaggio, uomo o donna, speranze e rasseganazione che a momenti vivo nel quotidiano.

Pensa che il suo racconto di un nucleo familiare opportunista e arido sia il segno del declino dei nostri tempi?

Penso che il mio racconto sia "UN" racconto, di una parte importante di persone, della loro solitudine, data anche dall'invidia sociale che non gli risparmia e riconosce nulla, che li condanna sempre e comunque e li rende quindi cinici e menefreghisti nei confronti della massa minacciosa. Esiste poi un'altra fetta di popolazione che non ho raccontato, che ha esigenze diverse e simili, che somiglia ai miei personaggi per la voglia di fuggire la solitudine e le paure che l'attanagliano per motivi differenti dalla famiglia che io ho descritto.

C’è ancora spazio, a suo parere, per armonia e condivisione nelle famiglie?

Credo che lo spazio per armonia, amore e condivisione ci sia sempre, a patto che lo si voglia trovare, ritagliare, a scapito di una corsa, una routine che schiaccia ogni emozione. Esiste ancora la sete di un abbraccio, di una risata, di un pomeriggio semplice, la sete di solidarietà, quella che ti fa sentire bene. Dipende dalla decisione di vita che si vuole seguire. E quanto si è disposti a fermarsi, di tanto in tanto...

Quale personaggio del suo racconto ama di più e quale meno

Amo tutti i personaggi, senza grande distinzione. Quello che forse mi fa meglio sperare, che lascia aperta una porticina, è Renato, coinvolto suo malgrado nella storia della famiglia Giusti. Amo molto Marco, amo la rassegnazione rabbiosa di Anna e il sordo rancore di Lorenzo. Probabilmente quella che ho amato di meno è Betta che, pur morendo, si rivela la più prepotente di tutti, capace di soggiogare la famiglia, anche da fantasma.

Nel suo romanzo si parla anche di sentimenti, pensa sia possibile che l’amore tra due persone possa superare le differenze sociali?

Le differenze sociali si superano soltanto con grande intelligenza e capacità di NON rinfacciare ogni cosa, o di vittimizzarsi. Ancora adesso, se la differenza viene dalla donna, tende ad essere amalgamata più facilmente, mentre se la persona benestante è la donna, l'uomo patisce molto la situazione, per questioni culturali e di machismo inconscio. Direi che non sono sicura si possa appianare tale dislivello, forse, sarebbe possibile soltanto considerando come base della vita i sentimenti, e non il denaro.

La mia speranza è che ognuno possa esprimersi al meglio, in ogni rapporto.

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