Cronaca locale

La sindaca Raggi schiera i detenuti in strada. Saranno loro a coprire le buche romane

Primo intervento ieri a Torre Spaccata, nella periferia Est della capitale

La sindaca Raggi schiera i detenuti in strada. Saranno loro a coprire le buche romane

Fratello dove sei? A Torre Spaccata, Roma, a lavorare per madame Raggi.

Quando abbiamo letto che trenta detenuti di Rebibbia ripareranno le strade della capitale, a cominciare da quelle del quartiere della periferia Est non lontano da Cinecittà, tempio del cinema italiano, ci è venuto in mente per l'appunto un film, pur se americano, diretto nel 2000 dai fratelli Coen, O Brother Where Art Thou? (tradotto in italiano in Fratello dove sei?) ambientato negli Usa della grande crisi degli anni Trenta, in cui alcuni galeotti in pigiama a strisce e legati da una catena spaccano pietre su una massicciata mentre le guardie vigilano armate. Guardie non troppo occhiute, visto che tre dei forzati, interpretati da George Clooney, John Turturro e Tim Blake Nelson, riescono a fuggire dando il via a una vicenda picaresca.

Quando poi abbiamo visto le immagini di questa operazione di pulizia penitenziaria abbiamo potuto constatare che di cinematografico nel blitz manutentivo di Torre Spaccata c'era pochissimo. Un manipolo di tizi piuttosto corpulenti in tuta arancione e blu, armati di pale, picconi e canal-jet (un tubo per la pulizia turbo dei tombini), qualcuno con sigaretta all'angolo della bocca, che si sono affaccendati per qualche ora sull'asfalto pochissimo simile a un red carpet di quell'angolo della città, per pulire le caditoie e fare altri lavoretti. A un certo punto, a fare passerella, si è affacciata anche la sindaca Virginia Raggi, che ha osservato per qualche minuto i lavori come un umarell qualsiasi, ha chiesto informazioni, si è guardata bene (e ci mancherebbe) dal dare consigli tecnici, poi ha stretto qualche mano, ha ringraziato gli operai carcerati, e se n'è andata, soddisfatta della passerella.

L'operazione è il primo frutto del protocollo d'intesa siglato qualche mese fa da Roma Capitale, Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e Società Autostrade, per realizzare lavori di pubblica utilità che peraltro sono previsti dall'articolo 20 ter dell'Ordinamento Penitenziario. «Mi riscatto per Roma», il nome del progetto. All'uopo trenta detenuti del grande carcere romano sono stati selezionati e formati da Autostrade per l'Italia e hanno conseguito l'attestato professionale per operare come asfaltatori e manutentori di strade. Questa task force lavorerà fino alla fine di febbraio a una decina di interventi in quartieri lontani dalle ribalte come Corviale, Quartaccio e Aurelio.

Tutto bene? Tutto bene. Il reinserimento sociale dei detenuti ci sta a cuore, il coinvolgimento lavorativo degli stessi ancora di più. Ma ci fa sorridere che delle buche romane debbano occuparsi un giorno i soldati e il giorno dopo i galeotti. Domani toccherà agli extracomunitari del Cara? O agli automobilisti che debbano recuperare punti sulla patente? Tutto purché il problema non venga risolto da chi dovrebbe, gli operai di Roma Capitale.

Ah, i trenta detenuti asfaltatori non sono fuggiti. Buoni buoni sono risaliti sui cellulari blu notte della polizia penitenziaria e hanno fatto ritorno nelle lore celle.

Cinecittà avrà le buche e i tombini intasati ma non è Hollywood.

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