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Le Ong vogliono riaprire i porti. E ora fanno pressione sull'Ue

La mossa di 50 organizzazioni pro-migranti. La missiva con tre richieste all'Europa: una sfida alle politiche italiane

Le Ong vogliono riaprire i porti. E ora fanno pressione sull'Ue

Gli obiettivi sono tre: riconsegnare alle Ong la "gestione" delle operazioni Sar nel Mediterraneo, (ri)aprire i porti europei ai migranti e impedire che questi vengano riportati dalla Guardia costiera libica a Tripoli. Tutto il contrario di quanto sta facendo l'Italia. E visto che a Roma non sembra possibile smuovere la linea dura imposta da Salvini, le associazioni umanitarie decidono di rivolgersi all'Europa: con una lettera, ben 50 organizzazioni (da Spagna, Italia, Malta, Belgio e Olanda) fanno pressione sull'Ue affinché prenda "provvedimenti immediati".

L'Italia non viene mai citata nella missiva, ma è il convitato di pietra. "Allo stato attuale - scrivono le Ong - ogni volta che una nave porta persone appena salvate in un porto europeo, i governi dell'UE si impegnano in dibattiti penosi e estenuati su dove può sbarcare la nave e quali paesi possono ospitare i sopravvissuti e elaborare le loro richieste di asilo". Il riferimento all'ultimo caso di cronaca, quello di Sea Watch, sembra evidente. Così come appare palese l'allusione alle politiche del leader della Lega quando le 50 organizzazioni accusano "i governi europei" di fare "un'indebita pressione" sulle Ong che "conducono missioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo". "Invece di sostenere queste attività nel tentativo di salvare vite umane - è l'accusa - alcuni Stati membri dell'UE hanno reso più difficile il loro funzionamento; hanno fatto accuse infondate contro di loro; e hanno impedito alle navi di ricerca e salvataggio di lasciare i loro porti".

Che per le Ong del Mediterraneo non sia un momento facile, non è certo una novità. L'anno scorso in mare se ne contavano una decina, ora non più di una. Con la Sea Watch ferma a Catania, il mare è "libero" da operazioni Sar condotte da associazioni private. Un bene? I dati sembrano dire di sì: quando (2016) le Ong pattugliavano le coste di Tripoli, il numero di migranti morti o dispersi era enormemente superiore rispetto ad oggi. La matematica non mente.

Non è vero, dunque, quanto scritto nel "manifesto" degli umanitari. Non è vero che senza Ong "il Mediterraneo è diventato uno dei mari più mortali del mondo". Lo ora già due anni fa, quando recuperavano migliaia di immigrati a poche miglia dalla Libia. Ma tant'è.

Il piano delle Ong sembra chiaro: far pressione sull'Ue affinché spinga l'Italia e gli altri Stati "sovranisti" a modificare la propria posizione sugli sbarchi. Ecco delle tre dettagliate richieste inviate al Presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, a Federica Mogherini, a Jean Claude Juncker e al Commissario Ue alle migrazioni Avramopoulos.

La prima pretesa è quella di sostenere le operazioni Sar nel Mediterraneo consentendo "a tutte le navi" di "attraccare nei loro porti, sbarcare le persone salvate e tornare in mare in modo tempestivo". La seconda, quella di predisporre "accordi per garantire lo sbarco e la distribuzione tempestiva delle persone soccorse tra gli Stati membri dell'Ue". La terza, quella di non consegnare i migranti alla Marina libica, di impedire il loro ritorno in Africa e di "sospendere la cooperazione con la guardia costiera locale" se non migliorano le condizioni di vita degli immigrati in Libia.

Le tre "richieste" delle Ong sono in netto contrasto con la linea assunta dall'Italia in tema di migrazioni. E non è un caso se tra i firmatari appaiono (tra le altre) Msf, Sos Mediterranée, Caritas Europa, Human Rights Watch, Oxfam, Legambiente e IPSIA-AC. Difficile, però, che - come chiede Oxfam - il Belpaese "interrompa la politica" di chiusura e "si faccia promotrice a livello europeo di una nuova missione salvataggio nel Mediterraneo".

L'aria è ormai cambiata: non è più tempo di porti aperti.

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