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"Il papa cerca nell'islam un alleato contro la globalizzazione"

Il viaggio di Papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti rappresenta già un passaggio storico. Ma quali saranno gli effetti concreti? Intervista al professor Alberto Ventura

"Il papa cerca nell'islam un alleato contro la globalizzazione"

Il viaggio di Papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti fa già parte della storia della relazioni tra confessioni religiose. Per comprenderne la portata e i possibili effetti, abbiamo intervistato il professor Alberto Ventura, già membro della Commissione Nazionale delll'Unesco in rappresentanza del Belpaese, islamista per l'Università Orientale di Napoli e, tra le altre cose, direttore della collana dedicata agli studi islamici della Mondadori.

Il documento per la Fratellanza sottoscritto dal papa e dal grande di imam Al Azhar è nello spirito del Concilio, ma cosa rappresenta per il mondo islamico?

"Il documento è certamente condivisibile da parte della maggioranza dei musulmani. Resta però il fatto che, così come avviene fra i cristiani, non tutti la pensano allo stesso modo e gli inviti alla pace e al rispetto reciproco possono rimanere delle aspirazioni ideali più che diffondersi concretamente nella coscienza collettiva. Il documento si rivolge soprattutto ai governanti e ai poteri politici, che in genere si dimostrano poco sensibili a questo genere di promozioni".

C'è il rischio che gli Emirati Arabi abbiano inviato il papa per "rifarsi il look" ?

"In queste iniziative c’è sempre un lato “diplomatico”, e la grande copertura dell’evento fatta dai media è senz’altro finalizzata anche a un’operazione di immagine, di cui peraltro può beneficiare lo stesso Vaticano".

Come giudicherebbe il rapporto intercorrente tra il pontefice della Chiesa cattolica e la massima autorità religiosa sunnita?

"Nell’Islam non esiste una 'massima autorità religiosa', e benché l’Imam di al-Azhar goda di un’ampia autorevolezza, il rapporto con il Papa non si potrà mai tradurre in qualcosa che abbia un effetto generalizzato sulle comunità islamiche mondiali. D’altra parte bisogna anche ricordare che lo stesso Papa non rappresenta l’universo cristiano, il che conferisce alle relazioni fra le due autorità un carattere abbastanza circoscritto".

A che punto è, per i musulmani, il dialogo interreligioso con il cattolicesimo?

"Credo di poter dire che siamo al punto di partenza, e non solo per i musulmani. Sono convinto che le iniziative per il dialogo interreligioso, al di là delle lodevolissime intenzioni, non abbiano mai prodotto un reale passo in avanti nelle relazioni fra le fedi, che oltre a un generica comunanza di intenti non possono davvero sfociare in un pieno riconoscimento reciproco".

Poco prima di morire, il cardinal Tauran fece un viaggio apostolico in Arabia Saudita. La Chiesa si sta sottomettendo, come direbbe Houllebecq?

"Non direi. Le 'distopie' alla Houllebeq sono semplici esercizi letterari, interessaanti sotto più di un aspetto ma non necessariamente profetici. Al contrario, ho notato più volte che sul versante islamico sono in molti a credere che siano proprio i musulmani ad essere sempre più costretti a sottomettersi ai valori della civiltà occidentale e a temere questo tipo di assimilazione".

Ritiene che esista un rischio "islamizzazione" per l'Europa. E, in ogni caso, ritiene che Francesco abbia il giusto approccio nel dialogare con i musulmani?

"Come ho appena detto, mi sembra che il rischio sia più immaginario che reale. A qualcuno fa comodo diffondere il timore che l’Europa sia sotto attacco, ma la sua crisi profonda è più endogena che non dovuta a forze esterne. È già successo nella prima metà del Novecento, quando la 'crisi dell’Occidente' è stata spesso imputata all’azione corrosiva delle influenze orientali (allora erano la Cina e l’India che preoccupavano di più), ma oggi sappiamo bene che era l’Europa stessa che stava per suicidarsi. L’approccio del Papa attuale può aiutare in questa direzione, sollevando l’Islam dalle accuse che gli vengono imputate".

Ratzinger aveva costretto il grande imam a prendere le distanze dal Vaticano. Ora è avvenuto questo riavvicinamento. Come mai?

"Un differente approccio ai problemi, direi. Benedetto XVI intendeva soprattutto combattere ogni forma di relativismo, e questo lo portava a rimarcare le differenze più che cercare punti di contatto. Francesco I, al contrario, è più impegnato contro la globalizzazione mondiale, e dunque cerca forse in un’altra visione religiosa un potenziale alleato per contrastare la secolarizzazione selvaggia del pianeta".

Quali effetti potranno scaturire dal documento? L'Isis smetterà di colpire?

"Un secolo fa, quando Benedetto XV scrisse il suo accorato appello per la pace ai governanti dell’Europa in guerra, il suo richiamo non ebbe alcun esito concreto. Il documento sulla fratellanza potrebbe avere oggi la stessa sorte, cioè quella di di un grande proposito ideale destinato a rimanere inascoltato da governi e società. Quanto all’Isis, il suo declino è ormai quasi definitivo, e nessun documento potrebbe accelerarlo.

Ricordiamo che, nel settembre del 2014, centinaia di autorità del mondo islamico firmarono un documento durissimo nei confronti l’Isis, ma sul piano concreto si è dovuto attendere lo scontro militare per porre fine al sedicente 'Stato islamico'".

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