Cronaca locale

Assalto alle scarpe della Nike per rivenderle a mille euro

Per molti stranieri una notte in coda, ressa e spintoni a caccia del nuovo modello da piazzare poi on-line

Paola Fucilieri

Questione di punti di vista, tanto per cambiare. Più che un business ben pensato quello della «ri-vendita», il reseller, è per molti qualcosa di molto più simile allo strozzinaggio e comprenderne la ragione non è complicato. Il fenomeno, se così vogliamo chiamarlo, consiste infatti nell'accaparrarsi per primi i pochi pezzi pregiati di linee cosiddette limited edition prodotte da griffe a un determinato prezzo da listino (quello cosiddetto «consigliato») per poi rivenderle online o addirittura on the road, quindi immediatamente dopo l'acquisto e a chi è ancora annichilito dalla fatica di ore di inutile fila, a cifre che arrivano a quintuplicare se non a decuplicare il costo iniziale. Qualcuno sosterrà pragmatico che o si hanno le possibilità economiche oppure si è fuori. Non è proprio così però se, com'è accaduto mercoledì sera, ci si mette in coda in centinaia dalle dieci del mattino fino a notte fonda, al freddo o comunque fiduciosi che il sacrificio in qualche modo possa pagare, per comprare le appena cento paia di scarpe «Air Max 90 off-white» messe a disposizione a Milano al prezzo di 160 euro alla boutique mono marca NikeLab St18 dal colosso dell'abbigliamento sportivo all'angolo tra via della Moscova e via Statuto. Una fila di giovani in realtà perlopiù scoraggiati sin dall'inizio e che l'altra sera fino alle due non hanno esitato a spingersi e anche a malmenarsi, in un sottofondo di tensione a mille che ha portato a risse e anche a offese ai commessi («mi hanno dato della cretina più e più volte, ma le assicuro che non è stata l'offesa peggiore» ha spiegato una ragazza che lavora nel negozio). Mentre la «scorta» della polizia, in divisa e in borghese, giunta a presidiare la fila e la fermata della metropolitana «Moscova», chiusa preventivamente per l'occasione, ha senz'altro messo ancor più in evidenza che c'era ben poco da scherzare. E che tutta questa storia ben poco aveva a che fare con l'allegra vendita di scarpe per ragazzi appassionati di griffe sportive.

Ieri mattina la rabbia, come la spazzatura a terra dopo il bivacco notturno, non era ancora scemata. Secondo i ragazzi che quella fila hanno provato a farla, tutto era già stato deciso molto prima dell'evento. «Ci sono gestori di negozi che hanno distribuito i braccialetti gialli (conditio sine qua non per accedere alla vendita, sembra) solo a ragazzi che conoscevano, con i quali si sono messi d'accordo da tempo e che adesso rivenderanno questo modello iconico di Air Max a dei prezzi assurdi» accusa scuotendo la testa Federico, un 17enne magrissimo e imbufalito. Gli fa eco una sua amica bionda e di bassa statura, stretta in una tuta di pelle, anche lei particolarmente contrariata. «Ci hanno allontanato per far posto a quelli lì - e indica un gruppetto di giovani stranieri di colore -. Sono loro che poi le rivendono a delle cifre che nessuno si può permettere, almeno qui in strada io non ho visto ragazzi disposti a pagare dai 500 euro in su per le scarpe.

Mi sta bene che ci sia questo business, ma non può essere così per tutte le paia di sneakers messe a disposizione per vendite eccezionali di numeri limitarti di pezzi».

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