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I due superpotenti e la sfida della democrazia

I due superpotenti e la sfida della democrazia

C he l'uomo più potente del mondo e l'uomo più ricco del mondo non si amino è cosa nota. E non è un segreto che adoperino i media che hanno a disposizione per mandarsele a dire: Donald Trump utilizza, in modo apparentemente indiretto, il periodico National Enquirer, e Jeff Bezos fa la stessa cosa con il prestigioso quotidiano della capitale, il Washington Post. L'anno scorso, a giudizio dello spregiudicato imprenditore arrampicatosi fino alla Casa Bianca, il ricchissimo numero uno di Amazon ha esagerato: le inchieste condotte dal Washington Post sul Russiagate, lo scandalo sulle poco trasparenti manovre che l'entourage trumpiano ha compiuto con emissari di Mosca per screditare la sua avversaria Hillary Clinton e diventare presidente degli Stati Uniti, hanno avuto un tale successo (e quindi tali e tante ricadute indesiderate dal Commander in Chief) da meritarsi l'ambitissimo premio Pulitzer. Trump se l'è legata al dito, tanto che secondo i più prossimi collaboratori di Bezos ci sarebbe lui in persona dietro il greve ricatto a base di foto intime con la sua amante che lo stesso ultramiliardario ha denunciato e respinto. Storiacce americane, verrebbe da dire. La solita vecchia ricetta hollywoodiana a base di sesso, dollari e potere. Ma qui c'è di peggio, nel senso in primo luogo che un presidente degli Stati Uniti non può scendere così in basso, nemmeno per interposta persona. Foto di un certo genere, se mai verranno diffuse, potranno anche essere dimenticate, ma se comportamenti come ricatto ed estorsione conducono a Donald Trump sarà molto più difficile per lui sperare in un generoso oblio. Per il presidente, insomma, questa vicenda rischia di diventare molto più pericolosa che per Bezos. Ma rischia di diventarlo anche per la stessa democrazia a stelle e strisce, che scende in questo caso a livelli latinoamericani, e qui non ci sarà muro bastante a fermare la prevedibile ondata di melma in arrivo. Fin da subito, a riprova di quanto questa bassa vicenda abbia la rilevanza politica che i suoi protagonisti cercano invano di negare, i commentatori si sono divisi in tifoserie. C'è chi dà ragione a Bezos, oggetto di manovre inqualificabili, e chi offre solidarietà a Trump, che dal Washington Post ha dovuto sopportare di tutto, e non solo in tema di Russiagate.

Non riteniamo di essere banali se preferiamo collocarci nel mezzo: il mondo in cui si combattono senza esclusione di colpi il Rockefeller del XXI secolo e il presidente più controverso della storia americana recente è tutto fuorchè un mondo di santi e di vergini.

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