Rosso Malpelo

No alla Brexit: meglio morire inglesi che venezuelani

No alla Brexit: meglio morire inglesi che venezuelani

Atterro nell'Inghilterra di Bertrand Russell, dei Pink Floyd, dei Beatles e Rolling Stones, delle prime minigonne di Mary Quant e della rivoluzione che con la testa di un solo re instaurò la prima democrazia del mondo matrigna di quella americana e nemica di quella francese che esportò il Terrore come strumento di dominio. L'ultima volta fui ospite di Scotland Yard per deporre sulla morte al polonio di Alexander Litvinenko, mentre oggi atterro con la fragile speranza di essere testimone del fallimento della Brexit con un nuovo (e improbabile) referendum. Hai visto mai? Spero ancora che l'Europa delle pianure non perda quella dell'oceano. È difficile confessare questo sogno perché è l'ora dei barbari che per la Brexit hanno cantato vittoria. Confesso di aver goduto quando Donald Tusk, presidente del Consiglio Europeo, si è chiesto in quale girone dell'inferno dovrebbe marcire chi ha organizzato una cosa così insensata e senza vie d'uscita. Più di mezzo Regno Unito spera di restare, con le due Irlande indivise e sorelle, in Europa. La fin troppo organizzata Germania non è nostra madre. La Francia macroniana, meno che mai. Chi vuol bloccare la strisciante deriva venezuelana deve augurarsi che Londra torni a bilanciare i vizi di un continente che per sua natura cova incubi.

Molti mi odieranno, lo so, ma di mestiere sono rosso malpelo col mito della Magna Charta e aspetto di vivere l'ultimo round di Theresa May dopo aver accennato, dal marciapiede, un rispettoso inchino ad Elisabetta Windsor.

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