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Così Paul Bloom sconfigge l'empatia buonista (a colpi di logica)

Così Paul Bloom sconfigge l'empatia buonista (a colpi di logica)

Per un misantropo qual sono è una delle parole più fastidiose: empatia. Chi la pronuncia mi risulta subito antipatico, per non dire odioso.

Cominciai a sentirla troppo spesso dalla bocca di Obama, quello che voleva salvare il mondo e ha dannato il Mediterraneo facendo fuori Gheddafi, poi nel 2013 si disse che Mario Monti ne scarseggiava e meno male perché fosse stato pure empatico ci avrebbe tassato perfino di più. Perché l'empatia costa e a pagare il conto è spesso Pantalone, come ci spiega Paul Bloom, professore di psicologia a Yale, in Contro l'empatia. Una difesa della razionalità (Liberilibri). «Siamo frettolosi nel sottolineare il bene dell'empatia ma siamo ciechi di fronte ai suoi costi». L'autore ricorda il caso di un cane malato di Ebola che a Dallas, Texas, suscitò una compassione tale che per curarlo vennero spesi soldi pubblici, 27mila dollari, una cifra assurda che avrebbe fatto gioco a tanti malati impossibilitati a pagarsi le medicine. Solo che il quattrozampe era diventato un fenomeno mediatico, mentre i duezampe erano sconosciuti e poco fotogenici.

«L'empatia è sensibile al fatto che una persona sia piacevole o disgustosa da guardare». Se sei vecchio e brutto niente empatia, puoi tranquillamente crepare. Siamo attirati in particolare dal dolore dei bambini, scrive Bloom, e quello che può sembrare un sentimento nobile può trasformarsi in sentimentalismo nocivo. Un esempio illuminante: la beneficenza occidentale alla Cambogia ha aumentato il numero degli orfani perché gli orfanotrofi, avidi di sovvenzioni, hanno spinto le famiglie povere ad abbandonare i loro piccini tanto carini. Che vivrebbero ancora con i loro genitori, se bianchi benestanti e scervellati avessero tenuto a bada la propria stramaledetta empatia.

«Dovremmo sforzarci di usare le nostre teste piuttosto che i nostri cuori». Vasto programma, anche perché dichiararsi contro l'empatia può essere pericoloso: gli empatisti sono ferocissimi. Quando Bloom ha osato scriverne sul New Yorker è stato travolto dal lettorato liberal: l'articolo è stato definito «una disgrazia intellettuale», «la cosa più stupida che abbia mai letto», e l'autore «un mostro morale». Purtroppo (sarebbe più divertente) lo psicologo di Yale un mostro non lo è affatto. Ci tiene anzi a mostrarsi «giusto, onesto, oggettivo» e afferma che «essere contro l'empatia non significa che dovremmo essere egoisti e immorali». Non sia mai. Buona parte del libro è dedicata alla difesa da simili attacchi, spesso, più che semplicemente irragionevoli, decisamente farneticanti: «Un professore di sociologia una volta mi scrisse che la mia enfasi sulla ragione esprimeva un punto di vista tipico di un maschio bianco occidentale».

Ma non c'è niente da fare, il nemico è soverchiante, siccome «noi non viviamo in un'età della ragione, viviamo in un'età dell'empatia».

Si può sapere di preciso che cos'è questa empatia, oltre che il modo di sentirsi buoni senza tener conto degli eventuali danni causati dal proprio atteggiamento? Nel libro viene definita come la «capacità di vedere il mondo attraverso gli occhi degli altri, di sentire il mondo attraverso gli occhi degli altri». Dunque, pur con ampie sovrapposizioni di significato, non è la vecchia simpatia, parola caduta in disuso giusto per darmi un altro dispiacere (non la trovavo simpaticissima ma nemmeno altrettanto intollerabile).

Semplificando all'estremo e andando oltre la comune etimologia, oggi empatia significa condividere le sofferenze degli altri, mentre la simpatia tende a essere una condivisione nell'ambito dei sentimenti positivi. La simpatia sembra più un inclinazione da boom economico, da tempi gioiosi e fiduciosi. A me fa tornare in mente Walter Chiari... Mentre è naturale che nella nostra triste epoca di crisi l'empatia abbia preso il sopravvento e la tv sia piena di storie lacrimevoli. Che io non guardo perché voglio continuare a essere anti-empatico, non emozionalmente ricattabile.

Non ho sensi di colpa di tipo sociale, chi invece ne avesse deve proprio leggere Contro l'empatia perché vi sono segnalate le ricerche scientifiche che, pur cercandole, non hanno trovato relazioni fra scarsa empatia e aggressività o crudeltà. Confermo: non sono empatico eppure non vado in giro a picchiare la gente.

L'empatia è pericolosa per la salute: il medico non deve empatizzare col paziente, deve curarlo, faccenda diversa e più complicata. E qui c'erano arrivati anche i nostri avi, gli autori del detto «Il medico fa pietoso fa la piaga cancrenosa». È pericolosa per l'educazione: i genitori non devono empatizzare troppo coi figli, non devono temere di infliggere loro piccoli dispiaceri (magari proibendo tatuaggi, o concerti) se questi possono evitare dispiaceri più grandi in futuro.

Esempi simili ricordano uno dei meccanismi negativi dell'empatia, il coinvolgimento emozionale immediato e l'insensibilità alle conseguenze nel lungo periodo. Se mandi aiuti alimentari in Africa, ti sentirai buono ma finirai col distruggere l'agricoltura locale. Se distribuisci reddito di cittadinanza, ti sentirai amico del popolo ma finirai con l'aumentare il debito sul groppone delle future, disgraziatissime generazioni.

Empatia canaglia.

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