Cultura e Spettacoli

E l'ombra lunga della censura cala su Zhang Yimou

Ritirato dal festival il nuovo film del regista, troppo critico verso la Cina della Rivoluzione culturale

In genere i film vengono aggiunti, anche in corsa, a un festival di cinema. Mentre quello che è accaduto al Festival di Berlino ha quasi dell'incredibile. Il nuovo film del regista cinese Zhang Yimou, intitolato One Second e ambientato durante la Rivoluzione culturale cinese, è stato ritirato dal concorso della prestigiosa manifestazione teutonica per - ha annunciato l'organizzazione in un comunicato molto stringato - «difficoltà tecniche durante la post-produzione». Il film, che doveva essere presentato dopodomani in anteprima mondiale, dunque non ci sarà e così il numero delle opere in concorso per l'Orso d'Oro scenderà da 17 a 16.

Scaramanzia a parte, qualcuno si è chiesto come sia potuto accadere una cosa del genere. In effetti è prassi dei festival vedere i film spesso in «copie lavoro» ma gli addetti ai lavori non ricordano casi simili, ossia di un film non finito in tempo per un festival di prima categoria come quello di Berlino. Tanto che, trattandosi di Cina, qualcuno ovviamente ha iniziato a mettere in campo ipotesi di interventi censori del Partito per via della trama che racconta la storia di un prigioniero che fugge dal un campo di lavoro durante la Rivoluzione culturale di Mao Zedong per vedere un film. Un periodo che risulta ancora oggi sensibile anche se il Partito comunista ne ha condannato gli errori. In sua sostituzione, il festival ha deciso di proiettare un film scelto tra quelli precedenti del regista che a Berlino aveva vinto l'Orso d'oro nel 1988 con Sorgo Rosso. Si tratta di Hero del 2002 che, essendo un film che, per intenderci, potremmo definire di «cappa e spada», non ha mai avuto problemi di censura. Che, in Cina, è sempre molto attenta a vagliare tutti i film che vengono prodotti, dando prima il via alla sceneggiatura e poi l'ok finale. Per portare invece i film nazionali all'estero c'è bisogno di un'autorizzazione speciale ora appannaggio dell'ufficio di Propaganda del Partito comunista. Non è un mistero che da quando Xi Jinping è salito al potere nel 2012 la censura sia stata rafforzata.

Tanto che inizia a suonare strana anche un'altra esclusione dalla sezione parallela «Generation», avvenuta la scorsa settimana, che ha fatto scomparire dai radar festivalieri il film Better Days del regista hongkonghese Derek Kwok-Cheung Tsang, sui tormenti della gioventù del suo Paese. Anche qui si è parlato «di motivi tecnici» ma certo, come scriveva Agata Christie, «Due coincidenze fanno un indizio» che potrebbe portare alla legge sui film approvata in Cina nel 2016 tesa a vietare la diffusione di contenuti ritenuti dannosi per «la dignità, l'onore e gli interessi» del Paese.

PArm

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