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Se governano due leader d'opposizione

Se governano due leader d'opposizione

Come se non ci fosse un domani. Mai si era visto nell'intera storia repubblicana un governo così esclusivamente ripiegato sugli interessi dei partiti che lo sostengono; mai si erano visti nell'intera storia repubblicana partiti di governo così esclusivamente ripiegati sulla propria convenienza politica del momento. Nell'irrilevanza del premier, Di Maio e Salvini si muovono come se il mondo finisse il 26 maggio, giorno delle elezioni europee. Come se, appunto, non ci fosse un domani.

Non esercitano la funzione di vicepresidenti del Consiglio, non condividono una politica. Utilizzano i loro ministeri come grancassa per la propaganda delle rispettive parti politiche e si comportano come se mai avessero davvero assunto un ruolo istituzionale e fossero in realtà rimasti, semplicemente, due leader di partito. Due leader di opposizione, però, privi di responsabilità dirette sul futuro dell'Italia. Come adolescenti drogati dal web, non sembrano percepire la distinzione tra reale e virtuale, tra un tweet e un atto formale di governo. Salvini difende sui social la democrazia in Venezuela e non pare curasi del fatto che il governo di cui è vicepremier si è invece schierato col dittatore Maduro. Di Maio sui social parla di crescita economica e investimenti pubblici e non pare curarsi del fatto che il governo di cui è vicepremier ha varato una legge di Bilancio recessiva, che alza le tasse e non contempla investimenti. Entrambi, poi, per giorni si stupiscono che la Francia abbia richiamato l'ambasciatore. Ohibò, come sono permalosi questi francesi... Ma cosa avrebbe fatto il governo italiano se in piena contestazione De Gaulle si fosse schierato con i «nostri» manifestanti più violenti e fosse addirittura volato a Roma per incontrarli?

Richiamare l'ambasciatore sarebbe stato il minimo, ma i due vicepremier non se ne danno per intesi. A loro avviso è tutto normale: «Macron è un avversario politico», ha, per così dire, spiegato Di Maio. E dicendolo ha confermato che per lui la dimensione statuale non esiste, esiste solo la logica di partito. La logica del prendi i voti e scappa. E buona fortuna a chi, il prossimo autunno, si troverà a dover scrivere una manovra finanziaria già gravata da una quarantina di miliardi tra Iva e interessi sul debito.

Andrea Cangini
senatore di Forza Italia

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