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Mille giorni da capitano non riconosciuto dal popolo nerazzurro

La lite dopo il ko col Sassuolo, l'autobiografia e gli screzi con i croati: storia di odio e amore

Mille giorni da capitano non riconosciuto dal popolo nerazzurro

Era cominciata con il mito dell'uomo forte. «Sono una persona che non compie mai errori in campo. Sono freddo e non soffro la pressione. Ho avuto l'approvazione dello spogliatoio». Sono bastati mille giorni, con fascia al braccio, per tramutarlo nel cocco di Wanda. Con acclusi disastri di comunicazione e immagine, rapporti rovinati e, infine, il gran rifiuto di partire per Vienna e giocarsi l'Europa con la squadra.

La scelta di quella fascia va addebitata (quando le cose vanno male si addebita) a Roberto Mancini. Inizio stagione 2015/2016, Maurito capitano a 22 anni: forse un azzardo per un ragazzo così giovane e già esuberante sotto molti aspetti. Qualcuno fin da allora storse il naso: non solo Ranocchia spodestato senza riguardi. Non Zanetti che, su quella fascia, deve aver lasciato una sorta di fattura se nessuno riesce a conservarla a lungo. Ci piacerebbe immaginare la faccia dei 24 predecessori: da Hernst Markltl, primo nel 1909, fin al leggendario Meazza, all'esuberante Angelillo, alle bandiere Picchi, Mazzola, Facchetti e Bergomi, al Fenomeno inteso come Ronaldo: nessuno degradato sul campo in questo modo. Anche così si fa la storia.

Ma per portare la fascia, con credibilità, serve feeling con lo spogliatoio e gli scontri più o meno occulti con i croati hanno incrinato i buoni rapporti. Necessita apprezzamento dagli allenatori: nel caso nerazzurro un bel turn over. E Spalletti ha un precedente con capitan De Rossi a Roma. Infine si richiede rispetto e consenso dai tifosi: fin dall'inizio uno dei punti deboli di Icardi. Giusto qualche mese prima di venir insignito dell'onore ed onere, eccolo inveire dopo una devastante sconfitta (3-1) subita dal Sassuolo: «Pezzi di m...», urla alla curva, ben assistito da Guarin. Poi il caso fu ricomposto. Altri ne seguirono: le accuse agli ultras stampate sulla autobiografia («Sono pronto ad affrontarli uno ad uno: porto cento criminali dall'Argentina che li ammazzano sul posto»); la continua sensazione di odio e amore con la tribuna; l'idea che i suo gol servano a poco; le irritanti irruzioni di Wanda, poco accattivanti per chi vuol sangue e arena sul campo e non sopporta continue richieste economiche fin a creare una rottura come questa.

Icardi ha avuto comportamenti da capitano, ci ha messo qualche lacrima e qualche arrabbiatura, ma tante, troppe divagazioni social, foto dalle vacanze un po' svaccate. Talvolta il tifo interista si è detto: che razza di capitano è mai questo? Domanda come un'accusa. Poi lo tsunami provocato dal protagonismo, anche televisivo, di Wanda: dal 2017 non smette di annunciare favolose offerte da altri club. Ora le tiri fuori. Oppure ci prova con il ringhio della tigre e il rombo della giungla. «Mauro può portare o cacciare persone alzando un dito». «Serve gente che gli metta palloni buoni». Fin all'ultima trovata: da geniale a ferale il passo è breve. «Su di lui si dicono tante cavolate. E non so se vengono da dentro o fuori lo spogliatoio». Tolto il dubbio, tolto il dolore. Risposta universale: via la fascia. (W)Anda e così sia.

A Milano significa: vattene.

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