Economia

Astaldi va a Salini Impregilo. Salvataggio da 225 milioni

Passa di mano il 65% della società e la Borsa festeggia Ora si guarda alla Cdp e all'opzione Trevi-Condotte

Astaldi va a Salini Impregilo. Salvataggio da 225 milioni

Salini-Impregilo punta 225 milioni su Astaldi, salvando le sorti del secondo gruppo di costruzioni in Italia, e preparando al rilancio l'intero settore, da tempo in crisi. L'iniezione di capitale è destinata al pagamento dei crediti privilegiati e prededucibili, nonchè a mantenere la continuità aziendale di Astaldi, ma ha come scopo ultimo quello di arrivare a creare un nuovo polo delle costruzioni: un'operazione di sistema che secondo indiscrezioni si prepara, in una seconda fase, a coinvolgere la Cdp, e a far salire a bordo le altre società italiane in difficoltà, da Trevi a Condotte. L'unione fa la forza, si dice. Ma quando ci sono di mezzo milioni di debiti è il caso di andarci con i piedi di piombo.

«Non siamo un fondo salva imprese» ha chiosato, non a caso, Pietro Salini nelle ultime ore. Ecco perché, al momento, il manager romano si sta muovendo su Astaldi, ma a precise (graduali) condizioni. In gioco c'è la sostenibilità dell'operazione di fronte alle agenzie di rating e agli investitori. Nella prima fase, Salini (prima per ricavi in Italia, con 6,5 miliardi) prenderà il controllo di Astaldi con 225 milioni e il 65% del capitale di una società senza debiti, un altro 28,5% sarà in mano a una parte dei creditori chirografari, che vedrebbero convertito il proprio credito in nuove azioni, mentre alla famiglia Astaldi (attualmente al 52,7%) resterà solo il 6,5%. Come avverrà tutto questo? Con un aumento e l'impegno delle banche creditrici - in particolare Intesa Sanpaolo, Unicredit e Banco Bpm - disponibili a dare garanzie e linee assicurative per ripianare i debiti (2 miliardi).

L'idea è quella di creare una sorta di bad company dove farli confluire insieme alle concessioni (in primis quella turca del Ponte sul Bosforo) che, liquidate, ripagheranno i creditori chirografi, a cui andranno anche azioni (conversione crediti). In parallelo, un chief restructuring officer vigilerà in Astaldi e il suo piano.

All'orizzonte, i piani di Salini sono però ben più ampi e puntano a ridare vita a un settore in grave stallo. D'altra parte, come spiega una fonte, «quello delle costruzioni è un settore dove le società sono collegate, se non è in bonis salta, e inadempienze e penali ricadono su chi è rimasto in piedi». Basti pensare a quanti business hanno in comune Salini e Astaldi: la Mm linea 4 di Milano, l'alta velocità Verona Paadova, la Napoli-Bari, la Palermo-Catania (). Ecco allora che nella futura Astaldi a trazione Salini potrebbero confluire, in primis, Condotte e Trevi colpite da un contesto di business difficile, frammentato, con appalti lenti e remunerati in ritardo. «Farle confluire nella nuova Astaldi-Salini permetterebbe di rilanciarle e fare massa critica», spiega una fonte. Il tutto, con l'aiuto della Cdp che supporterebbe un'operazione di sistema e risolverebbe la grana Trevi di cui è azionista con il 16,8% con pesanti minusvalenze: comprò la quota nel 2014 per 101 milioni, quando il titolo valeva 4 euro (ieri 0,31 euro). Nei piani di Salini ci sarebbero dunque le nozze con Astaldi, un matrimonio di cui si parla da oltre 10 anni, ma solo in un secondo tempo e per dare vita a questo nuovo campione: almeno 10 miliardi di ricavi, 45 mila dipendenti, e commesse per 33 miliardi. «Un ritorno a casa» per Salini (i ricavi fuori dai confini nazionali sono il 93%), che negli ultimi mesi si è impegnata nella ricostruzione del Ponte Morandi e sta rilevando piccoli medi gruppi nazionali, solo ieri la valtellinese Cossi da Condotte.

Aspettando i prossimi passaggi formali (l'ammissibilità della proposta concordataria da parte del tribunale, l'approvazione del piano da parte dei creditori e la finale omologa del tribunale) ieri il mercato ha «detto sì»: Salini ha chiuso in rialzo del 10,4% a 2,06 euro e Astaldi del 15% a 0,79 euro.

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