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Il mese orribile che azzoppa il M5s

Domenica, in Sardegna, rischio crollo di 20 punti. Ma i 5 Stelle faranno finta di niente

Il mese orribile che azzoppa il M5s

La disfatta arriverà domenica sera. Questa volta implacabile come lo sono solo i numeri delle urne, reali e certificati al di là di qualunque imbroglio verbale e propagandistico. E con buona pace del «televoto» andato in scena 48 ore fa sulla piattaforma online di Rousseau. Già, perché fra soli quattro giorni le regionali della Sardegna non faranno che mettere nero su bianco il devastante crollo dei consensi dei Cinque stelle. Una débâcle ampiamente annunciata dai sondaggi delle ultime settimane, ci mancherebbe. Ma ora formalizzata dalla tornata elettorale in Abruzzo e, a breve, da quella sarda. Voti veri, non presunti o supposti. Comunque certamente non virtuali.

Consultazioni amministrative, si dirà. E soprattutto questo veicoleranno i guru della comunicazione della Casaleggio Associati e gli spin doctor di Palazzo Chigi. Che nel merito hanno tecnicamente ragione, ma ovviamente dimenticano di riflettere sul fatto che in poco più di un mese ben tre milioni di italiani (tanti sono i votanti di due regioni geograficamente e socialmente lontane come Abruzzo e Sardegna) hanno voltato le spalle al Movimento. Già, perché i sondaggi sul voto amministrativo sardo sono implacabili. Il candidato grillino Francesco Desogus è dato galleggiante all'altezza della boa del 20%. Che, tradotto in numeri, significa un inesorabile terzo posto dietro centrodestra e centrosinistra. Stando alle rilevazioni e pure a come la politica nazionale sta in questi giorni cavalcando la tornata elettorale sarda (i big del centrodestra continueranno ad essere presenti sull'isola fino al voto), il papabile vincitore è Christian Solinas, leader del Partito sardo d'Azione appoggiato da Lega, Forza Italia e Fdi. A seguire Massimo Zedda, sostenuto da Pd, Leu e altre sei liste. Infine, solo terzo e probabilmente anche ben distanziato, Desogus. Insomma, esattamente lo schema Abruzzo, con il M5s costretto a fare il fanalino di coda.

Così fosse, sarebbe la conferma della parabola verticale dei Cinque stelle. Un crollo inesorabile, certificato da più di un sondaggio nelle ultime settimane. D'altra parte, le contraddizioni che affliggono il Movimento (dalla Tav al voto salva-Salvini) sono così evidenti che era impossibile non si portassero dietro dolorosi strascichi. L'ultima rilevazione nazione Swg, non a caso, dà il M5s al 22,1%. E questo prima che il televoto su Rousseau «salvasse» Salvini con buona pace del mantra «o-ne-stà-o-ne-stà» che negli anni belli e spensierati fece la fortuna del Movimento. Altri tempi. Ora c'è da fare la testuggine su Palazzo Chigi, blindare la poltrona di Luigi Di Maio - che se sarà confermato il divieto del doppio mandato non potrà più tornare sulla giostra - e salvare le tante consulenze piovute in questi mesi sulla Casaleggio Associati.

Ecco perché il M5s farà finta di niente comunque vada. Nonostante il rischio di scendere sotto la quota psicologica del 20%, che rispetto alle politiche di solo un anno fa sarebbe una sorta di tsunami visto che lo scorso 4 marzo i Cinque stelle in Sardegna portarono a casa il 42% e ben nove collegi uninominali su nove. Un quadro, quello sardo, che rischia di ripetersi alle Europee del 26 maggio. Il 20% è considerato nel Movimento un risultato tanto devastante quanto probabile.

Con l'ultimo, inesorabile e funesto paragone. Potrebbe accadere in Sardegna già domenica, ma rischia di concretizzarsi con effetti catastrofici alle Europee. Ed è il sorpasso del Pd sul M5s.

Tanto inaspettato solo poche settimane fa, quanto possibile oggi.

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