Salute

Gli antidepressivi rallentano l'Alzheimer

Scienziati dell'Università di Cambridge hanno scoperto che il trazodone sui topi rallenterebbe l'Alzheimer e il Parkinson. Si spera che entro cinque anni possa essere confermato anche sull'uomo

Gli antidepressivi rallentano l'Alzheimer

L'Alzheimer è una delle malattie che colpisce il nostro cervello e ne danneggia la memoria e anche la capacità di svolgere compiti semplici. Oggi però arrivano notizie interessanti dal mondo scientifico; sembra, infatti, secondo quanto scoperto dagli scienziati dell'Università di Cambridge, che un farmaco appartenente alla famiglia degli antidepressivi, rallenti questa specifica malattia e anche il morbo di Parkinson.

Il medicinale in questione, il trazodone, è già autorizzato anche nel Regno Unito per trattare la depressione, ma non è stato ancora utilizzato nel trattamento per la demenza e, dunque, anche per l'Alzheimer. Le prime sperimentazioni sull'essere umano iniziaranno entro la fine dell'anno per vedere se questo antidepressivo protegge contro il progredire delle condizioni neurodegenerative.

I ricercatori si aspettano di confermare che si tratti di un trattamento efficace entro cinque anni. Il farmaco ha già dimostrato di essere sicuro e, per questo motivo, potrebbe diventare disponibile per i pazienti come trattamento approvato dal NHS, il sistema sanitario nazionale del Regno Unito, molto più rapidamente rispetto ai nuovi farmaci.

La professoressa che è a capo dello studio, l'italiana Giovanna Mallucci, del Dementia Research Institute del Regno Unito, ha affermato che il farmaco è stato pensato affinché aumenti i tassi di produzione delle proteine che proteggono dalla morte delle cellule cerebrali, un processo conosciuto come sintesi proteica.

La settimana scorsa la professoressa Mallucci, alla conferenza Dementias 2019 a Londra, ha detto: "Ritardare questo processo [di degenerazione delle cellule cerebrali] migliorerà la vecchiaia per milioni di persone, che considererei un risultato sorprendentemente buono nel trattamento della demenza."

La degenerazione delle cellule cerebrali è un fattore comune nella demenza, quindi anche nell'Alzheimer e in altre malattie che riguardano il cervello, come il morbo di Parkinson e il "morbo della mucca pazza". La prof.ssa Mallucci ha affermato che il farmaco non sarebbe una "panacea" o non previene l'insorgenza della demenza, ma i risultati positivi di questo studio sui topi hanno suggerito che potrebbe essere efficace nel rallentare quella condizione.

Dopo la conferenza Mallucci ha aggiunto: "Stiamo facendo i nostri primi studi per vedere se il trazodone aumenta i tassi di sintesi delle proteine ​​negli esseri umani alla fine di quest'anno. Se gli studi dimostrano che funziona nel cervello umano allo stesso modo [come nei topi], sono davvero ottimista sul fatto che in alcuni pazienti ne vedremo un effetto - e sarei sorpresa se al contrario non ci fosse. Sento che è probabile che funzioni in alcune persone perché era così potente nel modello animale."

All'inizio di questo mese un altro studio del University College di Londra e dell'Hong Kong University non ha trovato alcuna associazione tra i pazienti ai quali è stato prescritto il trazodone per altre patologie e un rischio ridotto di sviluppare la demenza. Ma bisogna dire che questo studio si è basato sull'esame delle cartelle cliniche senza tener conto di dosi diverse o dei tempi di assunzione del farmaco.

Inoltre, è stata presa in considerazione soltanto la prevenzione della malattia e non il suo rallentamento o l'attenuazione dei sintomi.

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