Cronaca locale

Permessi di soggiorno con ottomila euro: poliziotto in manette

Nei guai sovrintendente dell'immigrazione; introvabili la moglie cinese e un complice

Permessi di soggiorno con ottomila euro: poliziotto in manette

Deve rendere bene il «business» dei falsi permessi di soggiorno visto che continua a mietere «vittime» tra gli addetti ai lavori. Appena poco più di un mese fa, a metà gennaio, infatti, un'indagine delle Fiamme Gialle di Monza, tra i sette uomini arrestati per permessi falsi durante un'indagine sull'immigrazione clandestina, aveva portato in carcere anche tre pubblici ufficiali. Tra loro, unico «milanese», un sovrintendente capo della polizia di Stato responsabile della divisione amministrativa del commissariato «Greco Turro», coinvolto in una rete illecita per far ottenere permessi di soggiorno e rinnovi a extracomunitari che altrimenti non avrebbero avuto i requisiti, dietro pagamento di somme che arrivavano fino a 5mila euro a documento.

Anche stavolta è toccata a un sovrintendente capo, ma che lavora all'ufficio immigrazione della questura di Milano, a sua moglie, una donna cinese e a un connazionale della donna, arrestati per corruzione e falso durante un'inchiesta dei colleghi della squadra mobile sui permessi di soggiorno «facili». In realtà l'unico finito in carcere per ora è proprio il poliziotto, un 50enne che da una decina d'anni presta servizio negli uffici di via Montebello, mentre la moglie e l'altro cinese non sono ancora stati rintracciati. I colleghi che gli hanno notificato l'ordine di carcerazione andandolo a prendere a casa sono gli stessi che gli hanno sequestrato una villetta in zona Famagosta e un'altra in zona piazzale De Angeli. Nel provvedimento che lo inchioda ci sarebbero anche 18 obblighi di firma per i corruttori, tutti cinesi residenti in diverse città italiane.

Le indagini sono iniziate a novembre grazie alle rivelazioni di una cinese che ha raccontato alla polizia di aver saputo da alcuni connazionali dell'esistenza di questo meccanismo illegale all'interno dell'ufficio immigrazione della questura e che permetteva, dietro pagamento, di ottenere permessi facili. Gli investigatori della Mobile sono così venuti a scoprire che la banda aveva un tariffario preciso: a seconda della tipologia del documento i prezzi variavano tra i 5 e gli 8mila euro.

Secondo quanto accertato dall'inchiesta il poliziotto e i suoi due complici sarebbero coinvolti in almeno una trentina di episodi di corruzione, ma lo smercio illecito di permessi andava avanti da anni (l'ultimo caso risale a pochi mesi fa). Tuttavia la polizia ci tiene a sottolineare che questa inchiesta non ha legami con altre precedenti che hanno coinvolto l'ufficio immigrazione della questura o altri uffici di commissariati cittadini per le medesime ragioni.

Dall'inchiesta è emerso che i clienti contattavano il complice cinese del poliziotto, si accordavano con lui sul prezzo e sul tempo di consegna, infine consegnavano il denaro per poi presentarsi il giorno prestabilito agli uffici della questura per ritirare il documento.

In virtù dell'esperienza il poliziotto riusciva a realizzare permessi e documentazione varia falsificando i requisiti relativi alla conoscenza della lingua, del reddito basso e altre voci.

Ma non poteva durare.

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