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E adesso le Isole Cook vogliono cambiare nome

Gli abitanti delle Isole Cook potrebbero presto andare al voto per cambiare l'attuale nome dell'arcipelago, accusato di non rispecchiare l'identità tradizionale maori e di essere un'ingombrante eredità dell'epoca coloniale

E adesso le Isole Cook vogliono cambiare nome

Per le giovani nazioni figlie del processo di decolonizzazione è spesso difficile fare i conti con il proprio passato, specie se le tracce lasciate dai dominatori stranieri permangono nel nome stesso dello stato, e quindi nella sua identità. Lo sanno bene gli abitanti delle Isole Cook, piccolo arcipelago della Polinesia dipendente giuridicamente dalla Nuova Zelanda ma dotato di autogoverno, i quali stanno seriamente riflettendo sull'eventualità di cambiare il nome alla propria terra, sostituendo l'attuale toponimo con uno che rifletta l'eredità culturale indigena delle isole. A capitanare la battaglia per il cambio di denominazione è Danny Mataroa, presidente di un apposito comitato di storici ed esperti in tradizioni locali istituito a gennaio, il quale ha spiegato come si partirà da una rosa iniziale di 60 nomi con l'obiettivo di arrivare ad aprile con un unica proposta da presentare al governo locale, guidato dal nazionalista Henry Puna.

A quel punto spetterà al governo indire un referendum in cui i cittadini potranno esprimersi sull'adozione del nuovo nome, come suggerito anche dal vice Primo Ministro Mark Brown, dichiaratosi entusiasta di ascoltare le idee degli isolani e che ai microfoni di Rnz Pacific ha affermato: "Sono piuttosto felice di trovare un nome tradizionale per il nostro paese che rifletta maggiormente la vera natura polinesiana della nostra nazione insulare. Penso che il primo passo tuttavia sia capire quale sia la reale volontà pubblica in merito ad un cambio di nome". Più ottimista è invece Mataroa, che indica già le caratteristiche del futuro nome: "Deve poter trasmettere la nostra fede cristiana e diffondere a gran voce la nostra eredità Maori. E deve inoltre infondere un senso di orgoglio nella nostra gente e unire il nostro popolo".

Con molta probabilità il nuovo nome sarà nel maori delle Isole Cook, la lingua indigena locale strettamente imparentata con il maori parlato in Nuova Zelanda. Tra le varie proposte emerse i questi giorni, una delle più gettonate sembra essere infatti quella di "Avaiki Nui", termine con cui vengono tradizionalmente indicate le isole dai suoi abitanti ma che venne tuttavia già respinto dagli stessi nel 1994, quando in un analogo referendum quasi il 70 per cento dei votanti si espresse per il mantenimento del nome attuale. Una soluzione che invece potrebbe accontentare entrambi gli schieramenti è quella di optare per una doppia denominazione in inglese e in maori seguendo così l'esempio della Nuova Zelanda, dove negli ultimi anni l'originale nome maori Aotearoa è stato sempre più di frequente utilizzato a livello pubblico e governativo, e dove nel 1987 lo stesso maori è stato reso lingua ufficiale dello stato a fianco dell'inglese e della lingua dei segni.

Raggiunte nel 1773 dall'esploratore inglese James Cook, da cui prendono il nome e che le rivendicò per conto della corona britannica, le isole divennero un protettorato del Regno Unito solo nel 1888, venendo trasferite successivamente alla Nuova Zelanda nel 1901.

Da allora rimasero sotto la giurisdizione di Wellington fino al 1965, quando nel pieno dell'era decolonialista scelsero pacificamente di diventare uno stato in libera associazione con la Nuova Zelanda, una soluzione giuridica che rende le Isole Cook di fatto indipendenti pur continuando ad affidarsi alla Nuova Zelanda per quanto riguarda la politica estera e la difesa.

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