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Il mediatore libico che voleva sia il sussidio che il lavoro

Il mediatore libico che voleva sia il sussidio che il lavoro

Napoli Sally vive in Italia da due anni. Ha un lavoro regolare, come mediatore culturale in un centro d'accoglienza. Ma non vuole rinunciare al reddito di cittadinanza. Nella convinzione che l'Italia sia il paese dei furbetti. Lo incrociamo a Napoli, in corso Meridionale, all'esterno dell'ufficio postale mentre va via, terminata la breve coda, in compagnia di un connazionale. Anche lei in fila per il reddito? «Sì. Ma non ho i requisiti». Gli chiediamo come mai sia stato respinto «Sono andato al Caf in via Foria e mi hanno detto che devo essere disoccupato. Ma io ho già un lavoro». «Soltanto -si lamenta- che con il mio Isee non ho diritto al reddito». L'impiego di Sally è nel mondo della cooperazione pro migranti: «Sono un mediatore culturale nel centro di accoglienza Samir». In realtà non è l'unico requisito che manca al mediatore, a quanto pare. La conferma arriva quando gli ciediamo da quanto tempo viva in Italia». «Vivo qui da due anni -racconta- ho vissuto 18 mesi a Caserta e ora mi sono trasferito a Napoli». Sally dice di arrivare dalla Libia e di essere venuto alle Poste convinto erroneamente di avere diritto al reddito, anche se in teoria come mediatore dovrebbe aiutare gli altri migranti a orientarsi nella realtà italiana, burocrazia inclusa: «Non avevo capito bene quali fossero i requisiti», si giustifica. E assicura che altri immigrati che conosce stanno facendo domanda: «Sì, stiamo vedendo se possono avere accesso al sussidio. Io aiuto». Volevi stipendio e sussidio, gli chiediamo.

Lui sorride e va via.

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