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"Macron è un dittatore. Sarà un voto su di lui"

"Macron è un dittatore. Sarà un voto su di lui"

«Macron è un dittatore. Le europee saranno un referendum su di lui. Contro di lui». Rieccolo Christophe Chalençon, il gilet giallo che dopo aver ricevuto la visita del vicepremier Luigi Di Maio alle porte di Parigi, ha scatenato la crisi diplomatica Italia-Francia culminata con il richiamo dell'ambasciatore a Roma. È passato un mese da quel caso (ora apparentemente rientrato) e ne mancano due all'appuntamento elettorale che potrebbe ridisegnare gli equilibri in Europa e Chalençon è nel pieno del lavoro per la lista «Evolution Citoyenne», di cui è portavoce (come lo è stato del Ric prima dello scandalo Di Maio). «Abbiamo già oltre trenta candidati, alla fine del mese la rosa dei nomi sarà completa».

Non l'hanno scalfito le accuse di estremismo confermate al Giornale («I militari sono pronti a intervenire»), né l'addio al Ric, il primo movimento di gilet gialli a farsi avanti per le europee («È morto, colpa della ex capolista Ingrid Lavavasseur, che dopo l'incontro con Di Maio, di cui sapeva, mi ha definito un «usurpatore»). Chalençon va dritto per la sua strada, nonostante i sondaggi diano il partito del presidente primo, seguito da Rn di Marine Le Pen: «Vedrete, appena leggeranno il nostro programma... Puntiamo a finire davanti alla République en Marche di Macron. Sarebbe il nostro successo. Ma non disdegniamo una medaglia di bronzo, un 15%».

Il manifesto che Chalençon ci anticipa suona come una sintesi raffazzonata del Green New Deal lanciato negli Usa dalla «socialista» Alexandra Ocasio-Cortez: «Evoluzione cittadina si batterà a favore della globalizzazione ecologica». «Se entro i prossimi 30 anni non riusciremo a rovesciare il tavolo della globalizzazione economica, l'umanità sarà morta». Poi sfodera qualche slogan: «Dobbiamo smettere di produrre e consumare così. Fra 30 anni il 60% degli insetti sarà estinto e se non ribaltiamo questo destino, saremo morti noi». È la prova che il fabbro autoproclamatosi esperto di comunicazione ha grandi ambizioni che non corrispondono a grande originalità. L'ala moderata dei gilet gialli lo accusa di condurre una corsa per sé, di essere troppo avventato (molti nel movimento sostengono sarebbe stato meglio non presentarsi alle europee) e di certo estremista. Lui si difende: «Attenti, sono un repubblicano, altrimenti non mi candiderei. Ho solo detto che ci sono persone che vogliono andare al contatto. Ma io sono per una soluzione politica. Tanto so già che il Gran Débat voluto da Macron sarà un flop. E quando la débâcle arriverà, direte che ho ragione». Le europee, è convinto, saranno «solo l'inizio». Anche di un'alleanza con i 5Stelle? Chalençon ammette che da quando è esplosa la bufera, a febbraio, i grillini sono spariti. «Ma quando vinceremo le elezioni, ci ritroveremo». La rimonta di Macron? «I sondaggisti sono tutti per il presidente. La verità è che c'è un 50-60% di cittadini che non vuole andare a votare e noi mobiliteremo quelli, chi non si riconosce in nessun partito. Braccheremo Macron e gli faremo male. Esploderà, non dimentichiamo l'affare Benalla». Il movimento sta perdendo adpeti anche perché l'ala dura ha preso il sopravvento? «La violenza risponde alla violenza, la prima è quella della polizia, loro hanno le armi, noi no. Tra noi c'è chi ha perso occhi e mani.

Ma non siamo contro la Repubblica. Vogliamo che la politica torni nobile, la politica deve servire il popolo, non asservirlo» GaCe

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