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La carica dei giovani alla conquista della F1

La Ferrari e il titolo che sfugge, Vettel in cerca di redenzione. E una nidiata di baby fuoriclasse

di Benny Casadei Lucchi

Se non fossimo tutti obnubilati dalla Ferrari, ci saremmo già accorti che questo sarà l'anno della rivoluzione generazionale in formula uno. In pista e fuori. Che poi è quello che sognano e sperano e vogliono i padroni a stelle e strisce del baraccone a trecento all'ora, presi come sono a investire abilmente sui social, indossando tuta e casco di instagram pur di entrare nelle tasche, negli zaini, nella testa e passione degli adolescenti del mondo. Sarà sempre più così. Il processo è inarrestabile, benché tardivo. Andava avviato prima. Rappresenta infatti l'unico vero salvacondotto per resuscitare uno splendido sport che se non fosse per la grande dicotomia ferrarista su cui si regge, cioè di chi tifa pro e chi tifa contro il Cavallino, sarebbe da un pezzo tornato nei garage dei soli e puri appassionati. Troppo vecchi coloro che lo hanno a lungo gestito, troppo obsolete le consuetudini che lo regolavano, datati persino molti piloti che per lustri hanno di fatto calamitato e deviato investimenti e attenzioni. Quasi che il ricambio agonistico in F1 non esistesse.

Ora il ricambio è avviato. E quello della pista aiuterà quello fra il pubblico. Per cui bene. Bene che nella notte italiana, a Melbourne, ad accendere i motori sia stata una F1 per la prima volta così ringiovanita: con Fernando Alonso fuori a far altro, con Raikkonen ridimensionato, con Verstappen non più solo, accompagnato da una nidiata di giovani pronti a farne delle belle. E, soprattutto, bene che ci sia persino una nutrita panchina di ragazzi vogliosi di entrare. Si pensi, per restare solo in Ferrari, a Schumi junior che, pronti e via, è volato nei test di formula 2, si pensi a Giuliano Alesi, altro baby ferrarista, che si sta scaldando come il giovane amico e pure lui fa sogni grandi.

Basta scorrere i nomi dei giovani ingaggiati dagli altri team per comprendere che l'aria sta davvero cambiando. Gli Hamilton, i Vettel, persino i Bottas, i Ricciardo e i Grosjean sono i vecchi. Il nuovo che avanza ha invece le facce furbe e dure di un Verstappen (per la verità ormai vecchio quanto a esperienza); di un Leclerc splendida scommessa Ferrari; di Pierre Gasly che dopo un anno di apprendistato in Toro Rosso è stato spedito in Red Bull accanto all'olandesino al volante; del thailandese Alexander Albon, bella testa, bel pilota ventenne in Toro Rosso, teniamolo d'occhio; di Lando Norris talento McLaren e George Russel purtroppo prigioniero di una brutta Williams. Entrambi, quest'ultimi, molto amati proprio da quel popolo di adolescenti social che tiene la F1 in tasca e spesso ci gioca grazie a play e Xbox.

Perché mentre ci arrovelliamo pensando a Sebastiano Vettel, ai suoi tormenti, al bisogno che ha di riabilitarsi come fenomeno e alla necessità della Ferrari di acchiappare un titolo che le sfugge da oltre dieci anni, perdiamo di vista che ai nuovi appassionati che si stanno avvicinando interessano, sì, Seb, Lewis Hamilton, Verstappen, Giovinazzi e il ritorno di un italiano o la commovente storia di Kubica, ma la new generation ama loro tanto quanto i giovani talentuosi appena arrivati nel Circus. In fondo, il motivo è semplice: una volta la F1 era lontana e inaccessibile e tale desiderava restare e così ha finito con l'invecchiare assieme al proprio pubblico; ora la F1 si rivolge principalmente ai giovani che nei baby piloti s'immedesimano più che nei campioni. È la magia della F1 in tasca via social. Uno sport che grazie a video giochi e simulatori casalinghi, volante e pedaliera, molto più che in altre discipline, è riuscito a far entrare negli abitacoli e far sentire piloti chi non lo sarà mai. Tifosi così la F1 non li aveva mai avuti. Ora non li deluda.

Serve lo show.

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