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I reati violenti si consumano spesso nei confronti di vittime con le quali c'era una relazione affettiva. Dal rapporto con parenti, partner, amici e amanti possono scaturire emozioni così forti da portare al delitto. Il legislatore con un articolo del codice penale vieta espressamente di tener conto di emozioni e passioni, stabilendo che non escludano né diminuiscano l'imputabilità. «Da tempo immemorabile esiste l'omicidio come mezzo estremo per risolvere determinati problemi relazionali, la collettività ha il diritto-dovere di capirne le motivazioni distinguendo il malvagio, responsabile delle sue azioni, dal malato di mente che merita maggior comprensione» spiega lo psichiatra Giuseppe Magnarapa. Eppure due sentenze hanno ridotto la pena da 30 a 16 anni per omicidi consumati in nome della gelosia e della delusione. Nei casi di Michele Castaldo che ha strozzato a mani nude Olga Matei, e quello di Javier Pareja Gamboa che uccise la moglie che lo tradiva, la tempesta emotiva è diventata l'attenuante, che combinata con lo sconto di un terzo di pena previsto per il rito abbreviato, ridimensiona la gravità dei delitti passionali. «Se deduco che mia moglie mi tradisce da un messaggio palesemente compromettente e mi arrabbio a tal punto da ucciderla, ciò implica che sono abbastanza malvagio per disinteressarmi del fatto che finirò in galera pur di vendicarmi del torto subito. Ma se deduco che mia moglie è una traditrice dal transito di uno stormo di uccelli migratori che casualmente passano dal mio quartiere ho un problema di interpretazione delirante della realtà, una malattia mentale mi impedisce di distinguere tra ciò che è e ciò che non è», chiarisce lo psichiatra. La volontà e l'intenzionalità di uccidere possono appartenere sia al sano che al malato ma quello che cambia è il processo psichico che ha indotto all'omicidio, in un caso il pensiero è delirante, mentre nell'altro è aderente alla realtà.

Se a queste due sentenze si aggiunge quella che scagiona i due stupratori della ragazza peruviana con la motivazione che la giovane, mascolina e poco desiderabile, non può essere stata violentata, nasce spontaneamente una domanda sulle capacità di interpretare la legge dei magistrati chiamati a giudicare con l'ausilio della perizia psichiatrica.

«Vale la pena di ricordare che il giudice è peritus peritorum, cioè al di sopra delle conclusioni del suo perito, che può disattendere se non coincidono con le sue, a meno che il giudice non sia a sua volta un incapace come il perito», conclude lo psichiatra.

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