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"Tajani ha detto il vero proprio come Togliatti: Mussolini fece del bene"

Lo scrittore: "Non lo voterei nemmeno sotto tortura, ma questa polemica è una fesseria"

"Tajani ha detto il vero proprio come Togliatti: Mussolini fece del bene"

«Le bonifiche, l'Iri. E il consenso? Ce le siamo dimenticate le masse a Piazza Venezia? Dov'erano gli oppositori? Insomma, tutta questa polemica su Antonio Tajani mi sembra una fesseria».

Dunque secondo lei è stato solo un po' incauto?

«Incauto? Ma de che stamo a parla'? Ha detto la verità! Ha detto che il fascismo è stata una dittatura, che ha preso il potere con un colpo di Stato e che non c'era la libertà. E che ha realizzato pure qualcosa di buono; e ha ragione, perché non è possibile che in un regime che dura vent'anni ci siano soltanto aspetti negativi. Lo scrive anche Mao Tse-tung nel Libretto rosso: non c'è niente di totalmente benigno o maligno».

Però, nella sua veste di presidente del Parlamento europeo...

«E che c'entra? Ripeto, è una polemica sul nulla, non mi fate incazzare». Clic.

Antonio Pennacchi sbatte il telefono. Prima di interrompere la comunicazione, l'autore di Canale Mussolini e Il Fasciocomunista, ora in libreria con Il delitto di Agora. Una nuvola rossa, ha fatto in tempo a difendere Tajani con una certa energia. «Per lui non ho mai avuta nessuna simpatia politica e non lo voterei neanche sotto tortura, è un monarchico e fosse per lui al Quirinale tornerebbero i Savoia. Però in fondo non ha detto niente di più di quanto dissero a suo tempo Sandro Pertini, che da Mussolini è stato mandato al confino a Ventotene e, nelle lezioni sul fascismo del '35, Palmiro Togliatti».

Quindi lo assolve?

«Certo. Tajani, ha confermato un complessivo giudizio negativo del fascismo, una dittatura anche violenta e brutale culminata nelle leggi razziali, nel delirio di onnipotenza, in guerre di aggressione».

Ha detto pure che nel Ventennio sono state fatte delle buone opere pubbliche.

«E allora? Ha ragione. Il fascismo è arrivato al potere con la forza, poi lo ha conservato perché negli anni successivi ha dato risposte concrete ai bisogni delle masse su modernizzazione, lavoro, risanamento del territorio, quindi ha avuto consenso. Queste sono cose da dire. Mai mentire ai ragazzini, figuriamoci ai popoli».

Un consenso che comunque non è mai stato verificato e quantificato in elezioni libere e democratiche...

«No, però lo si può quantificare al contrario, per sottrazione. Quanti erano i fuorusciti? Trentamila. E i confinati? Altri trentamila. Poi aggiungiamo quelli della rete occulta del Pci, antifascisti vari e arriviamo a centomila. Moltiplichiamo per dieci? Un milione di oppositori. E gli altri 41 milioni di italiani? Tutti con il Duce? Attenzione, non sono calcoli miei, c'è un'intera storiografia sul consenso».

Era una dittatura, non c'era una stampa libera, e per lavorare negli uffici pubblici. Non pensa che la gente magari avesse paura ad esporsi?

«Quanti gesti di ribellione ci sono stati? Quante scritte sui muri? Dia retta, la maggioranza del Paese ha accettato passivamente il fascismo».

Ma dopo le leggi razziali, il declino...

«Gli ebrei in Italia erano una minima minoranza e alla stragrande maggioranza degli italiani non fregava niente di loro. Il crollo arriva con le guerre o meglio con le sconfitte e soprattutto con i bombardamenti del 1943. Fino ad allora il consenso era di massa, non era stato costruito con la macchina della propaganda. Il Minculpop entra in campo solo nel 1934-35».

Tajani ha chiesto scusa.

«Dovrebbero scusarsi i teorici del neoantifascismo, come li ha definiti Franco Cardini.

Un fenomeno pericoloso perché nasconde il vero e provoca nei giovani una reazione che li può portare a diventare fascisti se, crescendo, scoprono che il Duce alcune cose positive le aveva fatte».

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