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"Devi morire" e lui muore. La vergogna del coro ultrà

"Devi morire" e lui muore. La vergogna del coro ultrà

Il vero scandalo è lo scandalo. A Cagliari un uomo si è sentito male ed è morto per un malore improvviso. Purtroppo non è la prima e non sarà l'ultima volta in uno stadio di calcio, ricettacolo di forti passioni. Mentre lo soccorrevano, dai tifosi della Fiorentina è partito un coro: «Devi morire». Anche questo, purtroppo, non è un motivetto sconosciuto, sta in classifica da sempre, riservato ai giocatori infortunati, agli arbitri riottosi (a fischiare come voglio io), agli allenatori nemici. Lo spettatore si chiamava Daniele Atzori, aveva 45 anni. Le iniziali (e la pronuncia di nome e cognome) sono come quelle di Davide Astori, il capitano della Fiorentina che ha indossato anche la maglia del Cagliari. È morto nella partita di Davide. Ma tutti ci hanno pensato dopo. Due settimane fa avevamo commentato il piccolo miracolo operato dalla memoria di Astori. Attorno al minuto 13 gli stadi si erano ammutoliti nella giornata a lui dedicata a un anno dalla scomparsa. Purtroppo sono vecchio del mestiere e sapevo che la commozione sarebbe durata poco oltre quel minuto. Poi sarebbe ricominciato il solito rito di inciviltà: insulti, violenze, mani dove sapete voi. Il tutto condito da tristi distinguo se a macchiarsi della colpa è un sodale.

Il vero scandalo sono la nostra commozione una tantum, la nostra indignazione con la data di scadenza. Davide Astori, con la sua tragica vicenda umana, non può fare tutto da solo. Il suo esempio deve portare a un'assunzione di responsabilità, a un cambiamento, altrimenti è meglio lasciare che vada in pace e scordarci di lui. Dal 26 dicembre 2018, quando a Milano, in uno scontro tra tifosi, morì Daniele Belardinelli, non è più morto nessuno, ma ogni domenica, da Nord a Sud, nelle partite più importanti e in quelle periferiche assistiamo ad aggressioni, insulti, danneggiamenti, scritte oscene, gestacci. Nessuno, dal Governo alla Federcalcio, dalla Lega ai club, riesce a creare un percorso etico che estirpi dal calcio italiano non solo la violenza ma almeno l'inciviltà che poggia i glutei sulle poltroncine di tutti i colori. La nostra cultura sportiva è sotto zero, se è mai esistita. Quindi non perdiamo tempo, né a commuoverci, né a scandalizzarci.

O facciamo qualcosa seriamente o è meglio fare finta di niente.

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