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"Attenti ai danni della trasparenza"

Il presidente dell'istituto per la privacy: «Serve il filtro della stampa»

"Attenti ai danni della trasparenza"

L'arresto a Londra di Julian Assange ha riaperto il dibattito sulle modalità con cui opera la sua creatura, Wikileaks, che ha fatto della pubblicazione integrale e non filtrata dei documenti un tratto distintivo. Anche quando questo comporta il rischio di rendere accessibili a tutti i dati sensibili di persone che c'entrano poco o nulla con quello che si vuole denunciare. «È chiaro che la trasparenza di per sé è positiva, ma un eccesso di trasparenza diventa molto pericoloso», è il parere di Luca Bolognini, presidente dell'Istituto italiano per la Privacy e la Valorizzazione dei dati.

Nel 2016 un'inchiesta dell'Associated Press ha mostrato come, nel materiale pubblicato da Wikileaks, siano state rese pubbliche anche informazioni sull'orientamento sessuale, sui dati clinici e sull'identità di centinaia di privati cittadini. Che cosa ne pensa?

«Sono abbastanza critico all'idea che si possa fare a meno del filtro giornalistico nella diffusione di notizie e di dati. Il giornalista serve a bilanciare il diritto all'informazione e alla cronaca con il diritto alla privacy, ma non solo: bisogna tenere in considerazione anche il comune senso del pudore, la dignità delle persone coinvolte. Se si considera inutile tutto ciò, si vìolano i diritti e le libertà fondamentali degli individui. E questo non danneggia solo i singoli, ma anche la tenuta della democrazia. In nome della trasparenza, che di per sé è positiva, si può fare più male che bene».

Quali sono i rischi della pubblicazione di dati personali online?

«Intanto ricordo che in Italia la diffusione di database contenenti dati sensibili è un delitto punito con la reclusione fino a sei anni. Poi, se manca un forte interesse pubblico alla base, la pubblicazione di informazioni di questo tipo può ledere alla libertà delle persone, può portare a discriminazioni, può mettere in pericolo per esempio la vita degli agenti che svolgono il proprio servizio. Bisogna pensare che dietro ci sono esseri umani».

Wikileaks può essere perseguita per questo? Gli Usa hanno detto che Assange non è accusato di aver diffuso documenti secretati, ma solo di essersi introdotto nei sistemi informatici governativi hackerando una password.

«Indubbiamente si può perseguire penalmente chi pubblica dati sensibili. Il dato di fatto, però, è che il potere pubblico statunitense non si è mosso contro Assange in questo senso: agli Usa interessa più che altro l'aspetto politico, il vulnus alla sicurezza nazionale che Assange avrebbe provocato crackando quella password. Non credo che questa vicenda porterà negli Stati Uniti un maggior interesse nei confronti del tema della privacy».

Perché sulla privacy c'è questa differenza di sensibilità, e quindi di normative, tra Usa ed Europa?

«L'Europa mette al primo posto la tutela dei diritti fondamentali e inviolabili dell'individuo, tra cui quello alla privacy: nessuna diffusione di dati personali, soprattutto sensibili, può avvenire senza una base di legittimità. In Italia una piattaforma come Wikileaks non avrebbe potuto diffondere quei dati: il Garante della privacy sarebbe intervenuto d'ufficio e avrebbe condotto un'istruttoria per accertare la legittimità o meno di quel comportamento.

Negli Usa, invece non esiste un'autorità indipendente in materia di protezione dei dati, quindi vicende come quella di Wikileaks sono rimesse alla giustizia penale, che però si attiva solo in certi casi, e a quella civile, che però è subordinata all'iniziativa del singolo».

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