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L’affaire Siri e il "giustizialismo ad intermittenza" dei grillini

Per Siri Di Maio rivendica il pugno duro. Ma per la Raggi ha chiuso entrambi gli occhi. E alle europee corre un grillino indagato

L’affaire Siri e il "giustizialismo ad intermittenza" dei grillini

L’affaire Siri è una nuova faglia che si apre nell’esecutivo gialloverde ma è anche l’ennesimo indizio del cambio di strategia del Cinquestelle in vista delle europee. Luigi Di Maio chiede la testa del sottosegretario del Carroccio per colpe “morali” rispolverando il giustizialismo pentastellato della prima ora. Una giravolta, questa, che non dispiacerà ai grillini di lotta che da tempo non si riconoscono più nel Movimento di governo. Ecco che allora la ricerca della verginità perduta assieme ai consensi passa anche dalla richiesta di dimissioni del sottosegretario indagato. "Noi – dice Luigino a Salvini – interveniamo subito se un Cinquestelle viene indagato".

Ma è veramente così? Se il presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito, invischiato nell’inchiesta sul nuovo stadio della Roma a Tor di Valle, "è stato cacciato in 30 secondi" (per usare le parole del leader grillino) ma delle dimissioni per ora non c’è traccia, cosa dire della sindaca di Roma Virginia Raggi? Quando la prima cittadina della Capitale rischiava la condanna per falso documentale in relazione alle nomine di Renato Marra e Salvatore Romeo la linea di Di Maio non era così "intransigente" come quella di oggi. "Per quanto riguarda il sindaco di Roma, non conosco l’esito del processo, ma il nostro codice di comportamento parla chiaro, lo conoscete", sosteneva all’epoca un Di Maio decisamente più garantista. Eppure per il vecchio codice etico grillino, quello vigente al momento dei fatti contestati alla Raggi, già la sola iscrizione nel registro degli indagati era sufficiente per far scattare (seppur non in automatico) le dimissioni. Nel 2017, però, cambia tutto: serve la condanna di primo grado e la Raggi si salva. Nel 2019, invece, è proprio il leader dei pentastellati a riportare in auge il vecchio codice etico per mazzolare l’altro azionista di governo. Ed è curioso che lo faccia a poche ore di distanza dalla presentazione delle liste elettorali e avendo scelto come capolista nel collegio nord ovest proprio Maria Angela Danzì, indagata dalla procura di Brindisi per “invasione di terreni pubblici”.

Matteo Salvini se ne rende conto e non perde tempo a rinfrescare la memoria all’omologo pentasetellato che continua a suggerirgli di "tutelare l’immagine della Lega". "Avete difeso la Raggi per due anni sotto inchieste, quindi, cortesemente, due pesi e due misure quando c’è di mezzo la vita delle persone non mi piacciono", replica il numero uno del Carroccio.

Anche il ministro della pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno, la pensa allo stesso modo: "Stupisce il giustizialismo a intermittenza con il quale vengono valutate le diverse vicende giudiziarie a seconda dell’appartenenza del soggetto indagato a uno schieramento politico".

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