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Si chiude il Russiagate: "Trump non colluso" E lui: "Il gioco è finito"

Il ministro Barr rivela il dossier Mueller: «Dieci episodi sospetti, ma nessuna prova»

Si chiude il Russiagate: "Trump non colluso" E lui: "Il gioco è finito"

New York «Game Over». Donald Trump rievoca l'atmosfera della saga del Trono di Spade per commentare la pubblicazione del rapporto del procuratore speciale Robert Mueller sul Russiagate. «No collusione. No ostruzione. Game Over per i democratici della sinistra radicale», twitta il presidente americano al termine della conferenza stampa del ministro della Giustizia, William Barr, poco prima che il dossier venga diffuso sul sito del dicastero. «È una bella giornata», dice poi alla Casa Bianca: «Questa bufala... questo non deve succedere a nessun altro presidente». Come già anticipato nel sommario diffuso alla fine di marzo, la squadra di Mueller ha concluso dopo 22 mesi di lavoro che non c'è stata alcuna collusione da parte del tycoon o della sua campagna con la Russia nelle elezioni del 2016. «Il governo russo ha cercato di interferire nel nostro processo elettorale, ma grazie alle accurate indagini del consulente speciale, ora sappiamo che non hanno avuto la collaborazione di Trump o della sua campagna» dice Barr. Le attese maggiori, tuttavia, riguardavano il reato di ostruzione alla giustizia su cui il verdetto, come nella sintesi - dove si affermava che The Donald non ha commesso un crimine, ma non lo ha esonerato - è decisamente più sfumato. Mueller ha rinvenuto 10 episodi potenziali di ostruzione alla giustizia da parte del presidente, ma dopo varie consultazioni all'interno del Dipartimento si è stabilito che le prove non erano sufficienti per accusarlo. D'altra parte, non ha potuto concludere che «non ci sia stata un condotta criminale» da parte di Trump: «Se fossimo stati certi che non avesse ostacolato la giustizia lo avremmo detto - si afferma - Ma sulla base dei fatti a disposizione e degli standard legali, non siamo in grado di fare questa valutazione». Barr e il suo vice Rod Rosenstein non si sono trovati d'accordo con le teorie legali di Mueller sull'ostruzione: «Il presidente non ha assunto alcuna azione che abbia privato il procuratore speciale di documenti o testimoni necessari a completare l'indagine - spiega il ministro, precisando che - ci sono prove sostanziali che Trump fosse frustrato e irritato dalla sincera convinzione che l'inchiesta stesse minando la sua presidenza, spinta dai suoi avversari politici». Quindi, rivela che i legali del Commander in Chief hanno avuto modo di vedere il dossier prima della sua pubblicazione, ma la Casa Bianca non ha rivendicato il privilegio esecutivo, con il quale avrebbe potuto bloccare la pubblicazione di alcune informazioni private, e «ha cooperato pienamente con le indagini». Nel rapporto, Mueller afferma che il Congresso può ancora determinare se il tycoon abbia commesso ostruzione di giustizia, precisando che non gli è stato inviato alcun mandato di comparizione per mancanze di prove sufficienti e per evitare ritardi. Poi, sottolinea che Trump ha cercato di portare avanti sforzi mirati per controllare le indagini, ma i suoi tentativi di influenzare l'inchiesta sono stati «per la maggior parte senza successo» perché i suoi alti funzionari hanno rifiutato si «eseguire gli ordini». La nomina del super procuratore - il 17 maggio 2017 - fu accolta con disperazione dal presidente, come si legge nelle 448 pagine di rapporto, che contengono anche parte delle risposte scritte di The Donald. «È la fine della mia presidenza. Tutti mi hanno detto che questi procuratori indipendenti sono in grado di rovinare la presidenza.

É la cosa peggiore che mi sia capitata», disse, scagliandosi con l'allora ministro della Giustizia Jeff Sessions: «Avresti dovuto proteggermi».

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