Cultura e Spettacoli

"Sono un vicequestore finito nelle fauci della nostra giustizia"

L'attore propone un legal thriller psicologico E ora sta lavorando con Nanni Moretti

"Sono un vicequestore finito nelle fauci della nostra giustizia"

Da Moccia a Moretti. Da Tre metri sopra il cielo a Tre piani ed è sempre in volo Riccardo Scamarcio, l'attore e produttore nato al cinema come il bel moro della porta accanto, idolo delle ragazzine pazze dei suoi occhi verdi e divenuto, in quindici anni, l'interprete che ogni regista richiede. Persino l'impegnato Nanni Moretti, restio a cavalcare mode e mood, lo ha preteso, avendolo apprezzato in Euforia, lui nudo, gay, pieno di coca. Lontani i tempi delle teen ager in assedio; finita la storia d'amore con la collega Valeria Golino, che ha trasformato Riccardo in un Al Bano dello schermo - i fan sperano nella riunione con Valeria-Romina -, oggi Scamarcio è interprete solido. E un 40enne dalla carriera invidiabile, attratto dai ruoli forti. Come il vicequestore Francesco Prencipe di Non sono un assassino (dal 30 aprile) di Andrea Zaccariello. Un uomo d'ordine che finisce nei guai, ma non ha fatto niente. Un poliziotto sospettato d'aver ucciso il suo amico sostituto procuratore. A lui il compito di dimostrare la propria innocenza. Contro tutto e tutti.

Come si è preparato al personaggio del funzionario accusato di omicidio?

«Mi sono appassionato all'analisi che il film comporta. C'è un primo livello, giallo-thriller. Prencipe deve capire chi è stato a uccidere il suo amico. Il secondo livello è quello della verità. L'autore del libro cui s'ispira il film, Francesco Caringella, è un magistrato che conosce l'analisi processuale, che non sempre coincide con la verità. Tale concetto m'ha offerto spunti interessanti».

Processi giudiziari e verità fattuali non sempre coincidono.

«Certo. Durante il processo, che possiamo intendere come qualcosa di teatrale, come una scena, si cerca di ricostruire un fatto accaduto tempo prima. Mi affascina quest'ambizione del diritto e della giustizia a ricostruire il verosimile. Mi appassiona la tendenza della società contemporanea a giudicare i fatti, senza averne contezza. Lo vediamo di continuo in tv, sui giornali, nei social media. Una società dello spettacolo, che spesso condanna o salva ingiustamente».

La realtà è manipolata dalla falsa informazione?

«È dagli anni Quaranta che, in Italia, incappiamo nella manipolazione dei fatti fondamentali della nostra storia. C'è una volontà scenica che si avvale di foto, video e documenti tesi a instillare, nel pubblico, la certezza di sapere tutto. In realtà, tutto è frutto di manipolazione».

Sta pensando al lavoro di Pansa, al revisionismo storico?

«Alludo al caso Moro, Mattei, Craxi. A Falcone e Borsellino, alla strage di Bologna, a Portella della Ginestra. L'elenco è lungo, ma la mano è sempre la stessa: del nostro protettore».

Da sex-symbol ad attore di punta del cinema italiano: quale bilancio?

«Sono molto contento. Sono una persona curiosa. E ho un approccio semplice al lavoro. Quando non capisco qualcosa, voglio capire le regole ufficiali, il meccanismo. Irrequieto fin da giovane, ho imparato le regole per sovvertirle: è il mio compito di attore nella società nella quale viviamo».

Che cosa intende per regole?

«Quando parlo di regole, parlo di piani energetici. Facendo l'attore, devo cercare di far accadere le cose. Devo farti credere che ti trovi nello spazio, se necessario. Il mio sovvertire le regole è intrinseco al lavoro che faccio».

Ha lavorato a Hollywood: quali differenze, con il nostro star system?

«Nessuna differenza sostanziale, se non la quantità. Ovvero, i soldi che hanno a disposizione a Hollywood. Ma la quantità non è sinonimo di qualità: spesso è il contrario».

Sta dicendo che il cinema italiano è migliore di quello americano?

«Non c'è dubbio! Negli anni, abbiamo imparato a fare le nozze con i fichi secchi. Se riesci a vivere nel mercato italiano, puoi lavorare ovunque. Se sei bravo in Italia, a Hollywood ti considerano un genio».

Eppure il nostro cinema è storicamente in affanno.

«Non c'è stata lungimiranza. Abbiamo lasciato campo libero alle major americane. Abbiamo optato per i multiplex e i supermarket. Quando, nella mia Andria, ha aperto l'ipermercato, mio padre, commerciante di carni, ha dovuto chiudere. Ero adolescente e ricordo una morìa immediata. Chiusero il macellaio, il tappezziere, il ferramenta».

Gira con Nanni Moretti Terzo piano. Come si trova?

«Non è una passeggiata».

Come va con la sua fidanzata Angharad Wood, manager londinese?

«Per una questione di pudore, non vorrei condividere, ma colgo l'occasione per dire che non ha l'età che le attribuiscono: è più giovane».

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