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Il papà della segretaria di Di Maio chiese soldi a un boss camorrista

Il padre di Assia Montanino ora si dice vittima di usura

Il papà della segretaria di Di Maio chiese soldi a un boss camorrista

Il papà di Assia Montanino, super-segretaria del ministro e vicepremier Luigi di Maio, non avrebbe esitato a chiedere un prestito a un boss della camorra napoletana, Francesco Rea, per avviare un'attività imprenditoriale. Costretto, forse, dai cordoni stretti dei finanziamenti bancari.

È tutto messo nero su bianco in una denuncia consegnata nel 2013 da Michele Montanino, padre del capo della segreteria particolare del ministro Sviluppo economico, nelle mani degli agenti del commissariato di Polizia di Acerra, comune a pochi chilometri da Pomigliano d'Arco. Una storia fatta di punti oscuri, nella quale sembra che il confine tra la vittima e i carnefici non sia sempre ben definito. Nella denuncia in mano ai poliziotti, Montanino senior ammette di essersi rivolto nel 1989 a Francesco Rea, capo dell'omonimo clan, attivo nel territorio in cui vivono sia Assia Montanino che il vicepremier Di Maio, per ottenere rapidamente il denaro. Francesco Rea già in quegli anni spadroneggiava tra Volla e Casalnuovo, gestendo usura ed estorsioni. A riportare uno stralcio della denuncia è un articolo a firma di Pino Neri sulla testata online Il Mediano. Nel documento, il commerciante racconta che «alla fine del 1989, per avviare l'attività, si rivolge senza pensarci troppo a Francesco Rea». «Sapevo bene chi fosse ma mi servivano i soldi rapidamente», riferisce candidamente Montanino ai poliziotti. Un documento che sarà portato in udienza nel processo che prenderà il via al tribunale di Nola il prossimo 28 maggio: sul banco della parte offesa siede proprio il papà di Assia che ha sporto denuncia contro un gruppo di usurai.

Montanino è il titolare di una macelleria-braceria di Casalnuovo, La Bottega delle Carni. Il commerciante in un solo biennio avrebbe chiesto e ottenuto 45 prestiti, dal 2006 al 2008, per un totale di 750mila euro. Crediti concessi, secondo la magistratura, con tassi usurai variabili tra il 46% e il 251%. Dopo che gli è stata pignorata la casa dai creditori Montanino ha quindi deciso di denunciarli all'antimafia. E il gup ha rinviato a giudizio 9 persone per usura, alcune di queste con l'aggravante del metodo mafioso. Tra le persone che andranno a processo c'è anche il boss Rea.

Ma c'è un altro aspetto della vicenda sui cui i legali degli imputati promettono battaglia: Montanino si è sempre professato una vittima, ed infatti dopo la denuncia gli è stata assegnata anche una tutela, mentre gli avvocati avrebbero in mano carte che svelerebbero un'altra versione dei fatti. Versione che punterebbe a dimostrare in udienza come il papà della segretaria di Di Maio non fosse in uno stato di bisogno, dovuto alle difficoltà dell'attività imprenditoriali, ma le ragioni sarebbero diverse. Tant'è che pare che lo stesso Montanino abbia incassato il premio di una grossa vincita. Misteri e sospetti che partono dal triangolo della provincia napoletana, Acerra, Casalnuovo, Pomigliano d'Arco, e arrivano fino ai palazzi del potere a Roma. Il nome di Assia Montanino fu tirato fuori a luglio dello scorso anno da il Giornale: la 26enne, già candidata nella lista del M5S alle Comunali di Pomigliano d'Arco, fu assunta con un contratto da 70mila euro al Mise guidato Di Maio.

Nel frattempo, la ragazza, che non aveva mai avuto esperienza nei ruoli apicali della Pubblica amministrazione, a Roma ha trovato anche l'amore: da tempo è la campagna di Salvatore Barca, di Volla, braccio destro del capo politico dei Cinque stelle e segretario generale al ministero dello Sviluppo economico.

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