Cronache

L'essenza di Forza Italia e la "resistenza" dei liberali

L'essenza di Forza Italia e la "resistenza" dei liberali

L a Storia di Forza Italia 1994-2018 (Rubbettino) di Fabrizio Cicchitto è molto di più di una storia del partito creato da Silvio Berlusconi perché è ovviamente anche una storia d'Italia dal 1994 ad oggi e si chiude con una serie di analisi di prospettiva per interpretare e governare il futuro. È un bel libro, unico, scritto da un protagonista che ha poi rotto ma mai rotto del tutto e che si sforza, se capisco bene, di ricostituire se non un fronte, almeno un cenacolo di resistenti al nuovo minaccioso ordine gialloverde, sovranismo e populismo uniti e instabilmente pericolosi come la nitroglicerina.

E naturalmente come tutti i libri scritti dai protagonisti anche con grandissima cura e precisione (è il caso di tutti i testi di Fabrizio Cicchitto, egualmente accurati e privi di falle o momenti di sciatteria come capita ad alcuni politici) questo libro illustra un punto di vista soggettivo: questo il pregio ed il banale limite dell'oggettività impossibile. Forza Italia in questa vigilia elettorale riflette le angosce dell'unico movimento di ispirazione liberale che attende il verdetto del popolo e il certificato di consistenza più che di esistenza sulla scena dei protagonisti politici. Esisteranno ancora dei liberali dal giugno 2019 o ci ritroveremo tutti legati a qualche carro o carroccio?

In un recente convegno a Roma sul libro di Cicchitto ho ricordato che l'operazione Clean Hands, Mani Pulite, nacque negli Stati Uniti fin da quando l'establishment americano sognava di appoggiare il compromesso storico, staccare il Pci dall'Unione Sovietica e mettere Berlinguer al posto della Dc. L'operazione militare condotta a via Fani eliminò il garante, Aldo Moro destinato al Quirinale, e fece crollare l'operazione la cui coda si presentò di nuovo con la fine dell'impero sovietico e lo sdoganamento automatico del Pci-Pds. Mani Pulite, a questo punto, accadde. La «gioiosa macchina da guerra» di Achille Occhetto avrebbe vinto se Berlusconi non avesse sparigliato la destra, compiendo il miracolo che fece per affrontare poi un cammino lacrime e sangue. Posso aggiungere che prenderei a pedate quelli che parlano del «ventennio berlusconiano», ammiccando al ventennio fascista, perché durante il ventennio berlusconiano hanno governato di più le sinistre che il Cavaliere, messo fuori gioco senza l'uso delle urne.

Tutto ciò detto e suggerendo la lettura di un lavoro brillante e meticoloso, vorrei sottoporre al lettore uno stimolo più attraente che non la sola storia del passato, e cioè le visioni e previsioni del futuro. E qui avanzo una mia critica che mi capita spesso di fare a chi non segue con attenzione e dedizione la complicatissima storia politica americana. Secondo Cicchitto esiste una combinazione di utilità condivisa nell'antieuropeismo di Trump e di Putin, che appare come un fatto oggettivo. Ma non è così. Putin vorrebbe un'Europa dei popoli come la voleva De Gaulle (e che piaceva ad Andropov, padre di Gorbaciov), mentre Trump odia la Germania per motivi che se vogliamo sono anche sacrosanti. Noi italiani ci riempiamo la bocca con la parola Europa magari chiamando in causa i sacri (e dimenticati) padri fondatori di Ventotene, dimenticando che questo oggetto misterioso ed equivoco esiste soltanto per un motivo: impedire che per la terza volta Francia e Germania insanguinassero il continente con i loro regolamenti di conti.

L'equilibrio nucleare del terrore ha fatto il resto per la stabilità. Ma Donald Trump non rappresenta alcun populismo come lo intendiamo noi: rappresenta un'America stufa di fare la balia al mondo libero che ha salvato più d'una volta dalla distruzione a spese sue e del suo mercato cui non intende far pagare di nuovo e per sempre i privilegi che rendono grasso il mercato tedesco. La Germania che lavora si arricchisce per le tasse che non paga per la propria e altrui difesa, tasse che cadono invece sul contribuente americano abituato a pagare per tutti dal 1941. Questo vuol dire «America First», non altro.

Gli Usa di Trump fanno un tifo sfegatato per la Brexit per poter agganciare il Regno Unito agli Stati Uniti e fare faville sulle due sponde dell'Atlantico come ai bei tempi della legge Depositi e Prestiti, quando Roosevelt permise a Churchill di resistere a Hitler, a patto che sacrificasse l'impero, l'India, l'Africa. La politica degli americani è stata sempre quella di disgregare gli imperi: quello spagnolo, quello giapponese, italiano, tedesco, olandese, belga, russo.

Tutti sappiamo però che il nuovo protagonista sulla scena non è l'Europa (gonfia di milioni di abitanti e di euro) ma la Cina, ormai quasi pronta a prendere il posto degli Stati Uniti perché sta vincendo la guerra tecnologica nello spazio e nelle comunicazioni. Questo non era mai accaduto. Ora sta accadendo. I russi contano poco: non hanno saputo produrre un computer, un'automobile, un brevetto farmaceutico, un grande film o un modello urbanistico. I cinesi invece surfano la cresta dell'onda di tutte le discipline, copiando e producendo in proprio. Chi pensa, e mi sembra che Cicchitto lo pensi, che il fronte sovranista e populista comprenda Donald Trump, come possono far pensare gli innegabili contatti fra la Casa Bianca e Palazzo Chigi, probabilmente commette un errore: agli Stati Uniti conviene ogni partner che porti danno all'Europa germanizzante per la proprietà transitiva delle guerre e delle alleanze. Ma se Candace Owens, l'ideologa nera repubblicana e iperliberista che spopola su Internet e su Fox News, sapesse che da noi «populismo» vuol dire reddito di cittadinanza, piagnisteo sul pauperismo e che flat tax significa per Di Maio abbassare le tasse ai poveri anziché ai produttori di ricchezza, avrebbe e con lui Trump un attacco di nausea e di schizofrenia. Trump ha dimezzato le tasse, l'occupazione è alle stelle, i neri americani non erano mai stati così occupati e ricchi, i lavoratori stranieri non bastano, dunque l'America di Trump dovrebbe essere il punto di riferimento dei rifondatori liberali e liberisti, che invece lo scambiano per un parente dei populisti europei. O dei sovranisti.

È un errore, a mio parere, confondere americani ed europei sia nella storia che, peggio, nelle intenzioni. E qui veniamo al presente e al futuro: il mondo liberale italiano di cui Forza Italia è stata finora il vessillo attende di sapere con parole nette chi sono i nostri maggiori punti di riferimento.

La risposta a queste domande dovrebbe venire a breve, a traino delle elezioni europee, magari dopo l'estate quando sarebbe auspicabile una convocazione degli Stati Generali Liberali, che non esistono, ma che farebbero bene a darsi una mossa ed esistere.

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