Cronache

La grande fuga dei medici Italiani primi in Europa (e il record è del Veneto)

Sono il 52% dei dottori Ue che lasciano il proprio Paese. Verso stipendi fino a 20mila euro al mese

La grande fuga dei medici Italiani primi in Europa (e il record è del Veneto)

M edici italiani in fuga. Gli specialisti ospedalieri del Belpaese guadagnano poco: sicuramente meno rispetto ai loro colleghi tedeschi, francesi o spagnoli a parità di incarico. Spesso anche i più capaci si vedono scavalcati nei concorsi per i posti apicali da figli, nipoti, affini e collaterali di nomi «eccellenti». Non solo: negli ospedali italiani molto spesso si superano gli orari di lavoro e non si osservano i turni di riposo a causa della carenza di personale nonostante il recepimento della direttiva europea che ne imporrebbe il rispetto.

Il risultato? La fuga dei medici all'estero. I camici bianchi ottengono qui a spese dello Stato italiano un' ottima formazione che poi però «regalano» all'estero. E ogni singolo medico che completa una specializzazione costa circa 150.000 euro. Non è difficile calcolare il danno economico provocato dall'esodo dei medici. I dati della Commissione Ue rivelano che tra i camici bianchi europei che lasciano il loro Paese il 52 per cento è rappresentato da nostri connazionali. Poi ci sono a lunga distanza i tedeschi con il 19. Il record di medici che espatriano tra le regioni spetta al Veneto con 80 professionisti sui 1.500 che emigrano ogni anno. L'azienda sanitaria di Padova ha fatto sapere che gli Emirati Arabi stanno contattando medici italiani, offrendo dai 14 ai 20 mila euro al mese oltre all'interprete, la casa, la scuola per i figli, e pure l'autista. Dal 2005 al 2015 oltre 10.000 medici hanno scelto di esercitare all'estero e i dati più recenti confermano che all'anno sono circa 1.500 i medici laureati che vanno a lavorare all'estero. Che cosa succederà se l'esodo non si ferma? Le previsioni sono fosche. Si calcola che nel 2025 mancheranno nelle corsie degli ospedali oltre 16.000 medici specialisti. Per evitare il crollo del servizio sanitario nazionale occorrerebbe avere oltre 60.000 laureati entro quella data ma l'accesso a numero chiuso alla facoltà di Medicina e l'imbuto delle scuole di specializzazione che ogni anno lasciano fuori migliaia di laureati rendono impossibile quel risultato.

Interviene sul tema il segretario dell'Anaao Assomed, il sindacato degli ospedalieri, Carlo Palermo che su Facebook fa un paragone tra il nostro servizio sanitario nazionale e la compagnia aerea Ryanair che, scrive «ha rischiato di tenere a terra gli aerei perché i suoi piloti preferivano spostarsi in altre compagnie che offrivano loro condizioni di lavoro ed economiche nettamente migliori». Per Palermo «anche il nostro ssn corre lo stesso rischio» per gli stipendi troppo bassi e il blocco del turnover che impone turni di lavoro massacranti. Non stupisce quindi che i medici preferiscano il privato o l'estero «con condizioni di lavoro meno gravose e stressanti oltre che meno rischiose, maggiore valorizzazione professionale e stipendi doppi di quelli italiani in Francia, Germania, Svizzera o Olanda», conclude Palermo.

E in effetti i dati ci dicono che il salario medio lordo in Italia è pari a circa 32.600 euro mentre in Germania sale a 42.300 euro, in Francia a 38.900, in Spagna a 34.300 euro e nel Regno Unito a 38.900. E così si arriva al paradosso che in alcune regioni come il Veneto sono stati richiamati al lavoro a tempo indeterminato i medici in pensione con il risultato di trovare in corsia anche ottantenni. In altri casi si è deciso di ricorrere a medici stranieri, rumeni per la precisione. Infine la Toscana ha dato il via libera all'assunzione di neolaureati privi di specializzazione nei pronto soccorso.

Iniziative che non hanno mancato di suscitare forti polemiche.

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