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"I processi si fanno in tribunale". Su Siri altro scontro Salvini-M5s

Continua il braccio di ferro tra Lega e M5s. Salvini lo difende, ma i grillini lo attaccano: "La pensi come Berlusconi. Siri deve dimettersi"

Matteo Salvini e Armando Siri
Matteo Salvini e Armando Siri

Matteo Salvini tiene la posizione su Armando Siri. "I processi si fanno in tribunale non sui giornali o in Parlamento", ricorda agli alleati del Movimento 5 Stelle che lo attaccano. "Se siamo una democrazia...". I grillini, però, non mollano la presa. E, come un disco incantato, continuano a chiedere che il sottosegretario leghista indagato per corruzione faccia un passo indietro: "Dispiace che Salvini la pensi come Berlusconi sui processi".

La Lega si affida al premier Giuseppe Conte che nei prossimi giorni prenderà una decisione sul futuro di Siri nel governo. Nei giorni scorsi Luigi Di Maio ha proposto di mettere il leghista "in panchina" finché la magistratura non farà chiarezza. "Poi potrà tornare in campo". L'idea non piace affatto al Carroccio. "Se ci fosse una magistratura che svolge le indagini in tempi rapidi si potrebbe anche fare - ribatte il capogruppo al Senato della Lega, Massimiliano Romeo, a L'Italia s'è desta su Radio Cusano Campus - ma oggi come oggi la giustizia non è così veloce e c'è il rischio di compromettere un ruolo importante alla luce di un'indagine peraltro ancora non chiara". Il caso giudiziario è già di per sé piuttosto complicato. Sembra, infatti, che certe intercettazioni, di cui alcuni giornali hanno parlato, non sono nemmeno agli atti. "Bisogna stare attenti - avverte Romeo - perché se qualsiasi indagine o avviso di garanzia dovesse far dimettere un esponente di governo allora vorrebbe dire consegnare le sorti della politica nelle mani della magistratura".

I Cinque Stelle, però, continuano a chiedere le dimissioni. Non vogliono sentire ragioni. Lo hanno detto chiaro e tondo anche a Conte. "La presenza di Siri ancora nel governo è inopportuna", afferma il ministro per il Sud, Barbara Lezzi, dai microfoni di Radio Capital. Nonostante le pressioni dei grillini, la posizione di Salvini non cambia di una virgola. "I processi - ricorda - si fanno in tribunale non sui giornali o in Parlamento". Per il leader leghista, infatti, "non è normale che uno apprenda di essere indagato la mattina, leggendo il giornale e bevendo il caffè". "Non è da Paese civile", ribadisce amareggiato. Ma fonti pentastellate, sentite dall'agenzia Agi, a gli fanno subito osservare che anche "Silvio Berlusconi diceva che i processi non si fanno in Parlamento o sui giornali" e che "mentre lo diceva, accomodandosi sulla lunghezza dei processi, continuava a mangiarsi il Paese". "Dispiace che anche Salvini la pensi allo stesso modo", proseguono le stesse fonti.

"Non è questione di dove si fanno i processi - fanno ancora osservare i Cinque Stelle - ma di opportunità politica, altrimenti vale tutto, altrimenti tutto è concesso in virtù del garantismo, che - concludono - non può essere un paracadute per tenersi stretta la poltrona".

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