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Province: un pasticcio targato Pd. Le competenze restano, i soldi no

Salvini le vuole ripristinare ma per Di Maio sono poltronifici

Province: un pasticcio targato Pd. Le competenze restano, i soldi no

Roma - Quel pasticciaccio brutto della, mai ultimata, abolizione delle Province. Tra Carroccio e Cinquestelle volano gli stracci anche su quello che deve essere il destino delle Province ma va detto che se si è arrivati a questo punto è perché c'è un vizio di origine causato dalle scelte di due governi: quello di Mario Monti e successivamente l'esecutivo di Matteo Renzi. Quale dei due abbia lasciato il ricordo peggiore tra i cittadini è difficile dirlo. Il primo tentativo di riforma del governo Monti fu bloccato dalla Consulta. Ma poi arrivò il ministro Graziano Delrio a peggiorare la situazione varando una legge che non ha abolito le province (per farlo occorre una modifica della Costituzione che all'articolo 114 le definisce enti costitutivi della Repubblica) ma le ha soltanto riformate. L'abolizione sarebbe dovuta scattare con l'approvazione della riforma costituzionale voluta da Renzi ma bocciata dagli italiani con il referendum costituzionale del 2016. Dunque è rimasta in piedi una legge incompleta, monca. Sarebbe stato meglio essere sicuri dell'abolizione delle Province prima di riformarle? Certo ma oramai è andata così e dunque si è venuta a creare una situazione paradossale per la quale alle province sono rimaste competenze fondamentali: pianificazione territoriale, controllo su trasporti pubblici e privati, costruzione e gestione delle strade provinciali, regolazione della circolazione stradale e pure edilizia scolastica. Peccato che siano state mantenute le responsabilità ma siano state tagliate le risorse e il personale: circa 5 miliardi in meno e un taglio di oltre 16.000 dipendenti. Le province sono passate da 107 a 97 e le dieci «avanzate» sono state ribattezzate città metropolitane.

Quindi in effetti non sembra avere tutti i torti il vicepremier Matteo Salvini quando fa osservare al suo omologo Luigi Di Maio che se sono in piedi le funzioni le Province di fatto non possono essere cancellate. «Le Province sono lì, o le togli del tutto, oppure le fai eleggere dagli italiani e le fai lavorare. Se ci sono, facciamole lavorare», dice Salvini che lancia anche una stoccata all'alleato: «con i 5stelle abbiamo idee diverse, ma loro cambiano idee troppo spesso». Per la Lega dunque questi enti locali vanno ripristinati. «Mi interessano i servizi ai cittadini, non mi piacciono le buffonate», taglia corto Salvini.

Ma Di Maio ribadisce che non c'è nulla da discutere. «Vogliamo davvero sostenere che aggiungendo 2.500 poltrone noi semplifichiamo la macchina dello Stato? L'Italia è bloccata dagli enti inutili», attacca il leader grillino che chiede l'abolizione tout court delle Province e delle Città Metropolitane. «Comuni, Regioni, Stato centrale: questo deve essere l'assetto del Paese- insiste Di Maio- Per far funzionare meglio lo Stato bisogna togliere, non aggiungere poltrone».

Tesi ribadita dal ministro per il Sud, Barbara Lezzi: «nel contratto di governo non c'è il ripristino delle Province per cui è inutile discuterne».

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