Cronaca locale

Scala, in scena la solidarietà Sir Gardiner dirige Händel

Una serata dedicata all'Opera San Francesco per i Poveri Il maestro alle prese con l'oratorio semiscenico «Semele»

Piera Anna Franini

Serata fuori programma lunedì alla Scala, a favore dell'Opera San Francesco per i Poveri che a Milano da 60 anni offre assistenza gratuita e accoglienza alle persone in grave difficoltà. Serata - anche musicalmente - straordinaria: si esegue in forma semiscenica «Semele», l'opera-oratorio di Händel.

L'interpretazione è del Monteverdi Choir e gli English Baroque Soloists, complessi diretti - ovviamente - da chi li creò: Sir John Eliot Gardiner. Gardiner è figura chiave nella valorizzazione della musica antica, un pioniere delle esecuzioni storicamente informate. Artista-imprenditore, a vent'anni (è nato nel 1943) già creava la sua orchestra per portare in fondo progetti oggi ampiamente sdoganati, ma all'epoca visionari. Un signore cresciuto in una fattoria bio nel Dorset («i miei furono precursori dell'agricoltura sostenibile»), Sir per volere di sua Maestà la regina Elisabetta II. Un no-Brexit convinto, da subito. Come non esserlo: nelle sue tre compagini lavorano musicisti da tutto il mondo, «si porranno problemi di visti, le tournée saranno più complicate. Un disastro», sbotta.

In questi giorni, Gardiner sta portando in giro per l'Europa «Semele», in Italia fa tappa a Milano e mercoledì a Roma. Un'opera-oratorio che Handel e il suo librettista trassero da uno dei passi più salaci delle «Metamorfosi di Ovidio». Si narrano le vicende di Semele, principessa di Tebe, che abbandona il fidanzato Atamante poiché innamorata di Zeus, il padre degli dei. Giunone, moglie di Zeus, non gradisce, e neppure sta con le mani in mano Semele morirà, ma dalle sue ceneri nascerà Bacco, divinità dell'ebbrezza. Nel cast, Louise Alder come Semele, il basso Gianluca Buratto (padre di Semele e dio del sonno), Lucile Richardot (Giunone e Ino). Nei panni scomodi di Atamante, il promesso sposo abbandonato, c'è il controtenore Carlo Vistoli, 31 anni, di Lugo, al debutto scaligero.

L'Italia è sempre più avara di giovani voci che spicchino voli internazionali, nessun italiano - per dire- ha superato in questi giorni la prima scrematura di uno dei concorsi di canto top, «Operalia» di Placido Domingo. Vistoli sta costruendo una carriera sempre più intrigante. Dalla sua parte, ha il trend del momento che vede un crescendo di attenzioni per questa vocalità particolare: una voce maschile dal timbro femminile, impiegata per ruoli che un tempo erano dei cantanti castrati o donne en travesti. Non è alla sua prima collaborazione con Gardiner, un signore con il forte senso della leadership «è esigente, chiede il meglio. Durante le prove bisogna sempre dare il massimo. Ha sempre il controllo su tutto», spiega Vistoli. «Del resto - ammette Gardiner - quando dirigi un complesso devi prendere decisioni, sei tu a guidare.

Quindi sì, sono più autocratico che democratico».

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